Simon Boccanegra
Simon Boccanegra è la dimostrazione della caparbietà e insieme della modernità di Giuseppe Verdi. La prima versione dell’opera, accolta freddamente alla Fenice di Venezia, è del 1857, su un libretto di Francesco Maria Piave che non soddisfece Verdi («un tavolo zoppo», lo definì). La seconda debuttò con successo alla Scala nel 1881, su versi rifatti da capo da Arrigo Boito (il futuro autore dei migliori libretti verdiani, Otello e Falstaff): un traguardo raggiunto, dunque, dopo oltre vent’anni. Ma il parto faticoso del Simone non fu solo responsabilità del povero Piave. Con questa vicenda ambientata nella Genova repubblica marinara della metà del ’300, Verdi imboccava una strada nuova, che necessitò di tempo per giungere a maturazione. Le grandi melodie della “trilogia popolare” appena conclusa, nel Boccanegra non ci sono più e tutto, o quasi, punta sulle sottigliezze psicologiche del recitativo e sulla “tinta” orchestrale: un’intuizione modernissima, che anticipa il teatro musicale novecentesco. Nella vicenda ci sono tutti gli ingredienti del teatro popolare romantico (la fonte letteraria, difatti, è un dramma di García Gutiérrez, come per Il Trovatore): intrighi di potere, agnizioni, tentativi di avvelenamento, odi, maledizioni, riconciliazioni… Il tutto sullo sfondo della turbolenta Genova dei dogi. Ma la musica rinuncia ai colpi di scena e ai forti contrasti per andare alla ricerca di un’unità espressiva di cui Verdi sentiva sempre di più l’esigenza. Non è un caso se il Boccanegra verrà apprezzato a pieno solo a partire dal ’900: la sua concezione musicale e teatrale è già la nostra.
Il Carlo Felice è coproduttore, insieme alla Fondazione Teatro La Fenice, dell’allestimento presentato a inaugurazione della Stagione, a proposito del quale il regista Andrea De Rosa ha detto: «Sono rimasto fedele al testo cercando di esaltare quello che secondo me è l’elemento chiave: il mare. Per un uomo di mare come Simone è importante avere sempre un orizzonte visibile, ma il dolore e i palazzi del potere gli precludono la vista di questo orizzonte. Al mare ho attribuito un’importanza primaria rendendolo presente, in forme sempre diverse, per tutta la durata dello spettacolo.»

Avevamo preannunciato la nascita di una collaborazione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia per questo allestimento coprodotto con il Teatro Carlo Felice, con regia e scene di Andrea De Rosa, costumi di Alessandro Lai, luci e video di Pasquale Mari.
«Per il nuovo allestimento dell’opera di Verdi che il Teatro mi ha affidato – afferma De Rosa – sono rimasto fedele al testo cercando esaltare quello che secondo me può essere considerato l’elemento chiave: il mare. Per un uomo di mare come Simone è importante avere sempre un orizzonte visibile, ma il dolore e i palazzi del potere gli precludono la vista di questo orizzonte. Al mare ho attribuito un’importanza primaria rendendolo presente, in forme sempre diverse, per tutta la durata dello spettacolo».
L’opera, ambientata nella Genova trecentesca e che narra la storia di un corsaro genovese che riuscì a salire al trono dogale, è stata trasmessa in diretta Euroradio su Rai Radio3.
L’immagine è un bozzetto dell’opera di Andrea De Rosa |