Tosca
Melodramma in tre atti di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini
20, 21, 23, 27, 28, 30 dicembre 2014 e 2 gennaio 2015
Da sabato 20 dicembre 2014 alle ore 20.30, al Teatro Carlo Felice, va in scena Tosca, melodramma in tre atti di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, a più di un secolo dalla prima assoluta del 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma.
A dirigere l’Orchestra del Teatro Carlo Felice sarà Stefano Ranzani, considerato tra i più eminenti direttori d’orchestra del panorama internazionale ed ospite dei più prestigiosi teatri d’opera, recentemente applaudito nel concerto sinfonico del 27 novembre.
Regia, scene e luci portano la firma di Davide Livermore, uno dei registi più talentuosi della sua generazione, fornito di una profonda preparazione non solo teatrale, ma anche musicale, da sempre aperto all’innovazione e alla sperimentazione; Regista Residente al Teatro Carlo Felice per il prossimo biennio, dopo i precedenti successi di uno straordinario Otello e una Carmen tutta Cubana, propone per il lirico genovese un nuovo allestimento di Tosca filtrata dal suo sguardo acuto e innovatore. I preziosi costumi sono di Gianluca Falaschi.
L’opera si avvale di tre cast prestigiosi, che si alterneranno nelle recite: Maria Gugleghina, Susanna Branchini e Svetla Vassileva (Floria Tosca), Roberto Aronica, Rudy Park e Rubens Pelizzari (Mario Cavaradossi), Carlos Álvarez e Elia Fabbian (Scarpia), Giovanni Battista Parodi e John Paul Huckle (Angelotti), Claudio Ottino (Sagrestano), Enrico Salsi (Spoletta), Cristian Saitta e Davide Mura che sia alterneranno nei ruoli di Sciarrone e del Carceriere, le voci bianche Filippo Bogdanovic e Sebastiano Carbone (Un Pastorello).
La Tosca di Giacomo Puccini, su libretto dei fidati Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, è un’opera degli eccessi. La gelosia di Tosca, l’eroismo repubblicano del suo amato, il pittore Mario Cavaradossi, la cattiveria del Barone Scarpia, capo della polizia: tutto è estremo, in questa vicenda ambientata nella Roma politicamente in subbuglio del 1800. I momenti forti non si contano: la tortura di Cavaradossi e la sua fucilazione in scena; Tosca che, cantante lirica vissuta sempre “d’arte e d’amore”, senza far “mai male ad anima viva”, uccide Scarpia, colui davanti a cui “tremava tutta Roma”, congedandosi dal suo cadavere con un rituale tra il macabro e il solenne; il salto nel vuoto di Tosca dai bastioni di Castel Sant’Angelo; la libidine sfrenata di Scarpia.
C’è chi, come Alberto Arbasino, vede in Tosca una messa in scena della Crudeltà, il manifesto di un “Teatro della Ferocia” davanti a cui impallidiscono, secondo lo scrittore, titoli giudicati di solito molto più perfidi. La storia, del resto, è tratta dal dramma omonimo (1887) di Victorien Sardou, uno specialista del teatro a tinte forti che andava di moda nella Parigi di fine ‘800.
L’impatto della vicenda è intensificato dalle scelte compositive di Puccini, che si susseguono con il tempismo di un montaggio cinematografico: melodie di sicuro effetto (“Vissi d’arte”, “Recondita armonia”, “E lucevan le stelle”), armonie inaspettate, colori timbrici di densità pittorica.
A più di un secolo dalla prima assoluta (Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900), Tosca rivive al Carlo Felice, in un nuovo allestimento, filtrata dallo sguardo acuto e innovatore del regista Davide Livermore.