Terzo appuntamento della stagione cameristica 2023 di Lucania Musicale, domenica 28 maggio ore 18.30 presso il Palazzo Viceconte di Matera. In programma, I fiori della lirica, che vedrà protagonisti Giorgia Favia (soprano), Stefano Colucci (tenore) e la pianista Lucia Giampietro. Legato alla simbologia della rinascita, il concerto, nel mese della fioritura, celebra in note il ciclo della vita e ripercorre i temi dell’amore e della bellezza, ma anche quelli della seduzione, delle emozioni e dell’energia vitale che essi sprigionano. Una serata tutta suono e colore in compagnia delle musiche di Donizetti, Rossini, Verdi, Puccini, Pergolesi, Poulenc, Bernstein, Lehár e Gastaldon.
Il repertorio composto da arie e duetti canta l’amore nelle sue molteplici sfaccettature. Un omaggio ad alcune fra le musiche più belle e suggestive del belcanto: i più bei fiori della lirica saranno restituiti al pubblico di Lucania Musicale, in una serata di maggio carica di quel senso di rinascita che il mese più bello dell’anno porta con sé.
Per partecipare agli eventi è possibile prenotare ai numeri 392 9199743 – 0835 1973420 – 0835 330699 oppure inviando una email a info@lucaniamusicale.info
Il costo del biglietto intero è di 5 €, per gli studenti, i soci di Lucania Musicale e under 18 il costo è di 3 €.
Successo di candidati da tutto il mondo per il Concorso lirico Tullio Serafin 2023 Semifinali e finali il 7 giugno al Teatro Olimpico di Vicenza. Si è conclusa lo scorso 8 maggio all’Israeli Opera di Tel Aviv la fase “eliminatoria” del Concorso lirico Tullio Serafin 2023 che, oltre al teatro israeliano, ha ricevuto l’ospitalità del Teatro dell’Opera di Roma (17 aprile), Teatro alla Scala di Milano (23 e 24 aprile), Teatro Carlo Felice di Genova (25 aprile), Teatro Tullio Serafin di Cavarzere (27 aprile) e Teatro Olimpico di Vicenza (3 maggio). Più di 200 iscritti arrivati da tutto il mondo per partecipare ad una delle competizioni più attese dai giovani cantanti lirici e che onora il grande direttore d’orchestra Tullio Serafin, ricordato non solo per la grande maestria nel dirigere, ma anche per essere un consolidato scopritore di talenti durante la sua longeva carriera.Il Concorso è organizzato da Concetto Armonico con il sostegno del Ministero della Cultura, Comune di Vicenza e Comune di Cavarzere (Ve), con la collaborazione dell’Archivio storico Tullio Serafin, unica associazione con al suo interno i pronipoti del Maestro ed il cui lascito ha ricevuto il riconoscimento di “Bene d’interesse storico particolare” da parte della Soprintendenza Archivistica del Veneto e Trentino Alto Adige e dalla regione del Veneto, titoli culturali tra i più importanti a livello locale, nazionale ed internazionale. Sempre nel 2018 l’Archivio ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica per le Celebrazioni ufficiali nei cinquant’anni dalla morte del maestro rottanovano.“La crescita di un concorso lirico è sempre molto importante in quanto conferma la qualità della competizione e la serietà dimostrata verso i giovani cantanti lirici” sono le parole di Andrea Castello presidente di Concetto Armonico e dell’Archivio storico Tullio Serafin, che continua “una responsabilità che cresce a livello esponenziale di anno in anno, seguendo gli insegnamenti ereditati dai documenti di Tullio Serafin che lo stesso Archivio conserva. Più di 200 iscritti sono molti e sento una fitta al cuore quando solo 6 vinceranno uno dei ruoli dell’opera a Concorso, ma anche i “no” sono un grande bagaglio per il futuro artistico dei giovani”. Dopo le selezioni nei vari teatri, sono stati ammessi alla prova semifinale prevista nella mattinata del 7 giugno presso l’Odeo del Teatro Olimpico di Vicenza, 33 artisti provenienti da: Italia, Israele, Ucraina, Spagna, Cile, Norvegia, Cina, Russia, Usa, Georgia, Uzbekistan. Al termine della prova semifinale la commissione comunicherà i nomi degli ammessi alla prova finale prevista per lo stesso giorno alle ore 20.30 presso il Teatro Olimpico di Vicenza ed accompagnata al pianoforte dal maestro Fausto Di Benedetto. La giuria presieduta dal maestro Alessandro Galoppini casting manager del Teatro alla Scala, sarà composta da: Claudio Orazi (Sovrintendete del Teatro Carlo Felice di Genova), Franco Moretti (direttore generale del Festival Puccini di Torre del Lago), Vincenzo De Vivo (Direttore artistico del Teatro delle Muse di Ancona e dell’Accademia d’Arte lirica di Osimo), Barbara Frittoli, Renata Lamanda, Giovanna Canetti e Andrea Castello. Una giuria della critica di alto spessore verrà comunicata nei prossimi giorni ed avrà il compito di assegnare il premio della critica dedicato a Lukas Franceschini. Molti altri sono i premi previsti per i finalisti oltre che i ruoli presenti nell’opera “Così fan tutte” di Mozart in cartellone a settembre 2023 con il Festival “Vicenza in Lirica”: il premio del pubblico intitolato a Francesco Pacchiega, il premio Città di Cavarzere(città natale di Serafin), il premio dell’Università Popolare di Cavarzere, una borsa di studio intitolata a Marinella Meli ed offerta dal mezzosoprano Renata Lamanda, il premio della fondazione Festival Puccinianodi Torre del Lago, il premio Aria di Musica di Roma e i premi Opera Base. Particolare importanza riveste il concerto presso l’Istituto Italiano di Cultura ad Amsterdam tenuto dai vincitori dei ruoli nell’opera. La prova finale sarà aperta al pubblico (numero limitato di persone) che potranno prenotare il loro biglietto inviando un’email a biglietteria@vicenzainlirica.it (20 euro intero e 15 ridotto). Info: 3496209712 – www.vicenzainlirica.it
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Intervista di Gianluca Macovez pubblicata simultaneamente sulla rivista L’Idea magazine
Carmen Lavani è stata una delle grandi protagoniste dell’opera lirica, non solo in Italia, della seconda metà del Novecento. Artista raffinatissima ha iniziato la carriera, negli anni Sessanta, diventando un riferimento per i ruoli mozartiani e da soubrette. Al momento della massima popolarità, quando avrebbe potuto vivere di rendita, ha deciso di scompaginare le carte in tavola affrontando ruoli molto più onerosi vocalmente stupendo critici ed addetti ai lavori. Ecco apparire ‘Jenufa’, i grandi titoli verdiani, eseguiti in maniera impeccabile. Poi l’insegnamento, in diversi Conservatori ed adesso l’impegno a documentare la sua carriera con una serie di registrazioni che documentano spettacoli eccezionali, con colleghi famosi, registi importanti, direttori illustri. Ma anche una attività coraggiosa su Facebook, nel quale pubblica le sue recentissime registrazioni: le grandi arie cantate con una voce matura ma ancora di grande bellezza ed interpretate con una profondità, una capacità di interiorizzazione, una poetica, che fanno di ciascun filmato un capolavoro stupefacente. Questa intervista non vuole celebrare la grande cantante. Se avessi chiesto una cosa del genere alla signora Lavani, peraltro gentilissima, sicuramente non avrebbe accettato. Perché siamo davanti ad una artista che ha coscienza di aver scritto magnifiche pagine di teatro, ma fondamentalmente modesta, che non ama le autocelebrazioni, che è grata ai colleghi, che sa cosa sono riconoscenza e senso della misura. Abbiamo cercato di raccontare il profumo dell’età d’oro del melodramma, ma anche ricordando tanti protagonisti di quel tempo che vengono ricordati troppo poco. Per realizzare una simile intervista ci voleva una persona speciale come Carmen Lavani: donna coraggiosa, schietta, diretta, che ha sempre affrontato le questioni importanti mettendoci la faccia, che riconosce il valore dei suoi colleghi, sa cogliere la loro sensibilità, non ama i pettegolezzi, le cattiverie gratuite. Quindi decisamente un tipo non comune, non solo nel mondo dell’opera.
Prima di parlare di teatro e musica, però, ricordiamo un aspetto del tutto personale, ma non irrilevante: lei è nata all’estero, perché i suoi genitori dovettero emigrare. Che ricordo ha di quel periodo lontana dall’Italia? Ha vissuto con fatica il rientro nel nostro paese? Si sono nata in Francia a Privas nell’Ardeche dove i miei genitori, entrambi italiani, si conobbero proprio lì. Si sposarono nel 1932 e dal 1933 nacquero, esattamente a distanza di 3 anni l’una dall’altra, 4 femmine, delle quali io sono l’ultima, nata nel 1942. Purtroppo, in piena 2 guerra mondiale, a causa di una grave malattia di mio padre, fummo costretti a rientrare in Italia nel 1943, esattamente un anno dopo la mia nascita. Quindi non ho ricordi precisi della Francia, ma ho i racconti di mia madre e delle mie sorelle, in particolare la primogenita che ha sempre provveduto ad informarmi del nostro periodo vissuto in quel della Francia. Ricordi di momenti sereni, di simpatie nate non solo con la comunità italiana, ma anche coi francesi stessi che avevano preso a ben volere tutta la mia famiglia ed in particolare tutte le mie sorelle. Con l’avvento della 2 guerra mondiale le cose cambiarono drammaticamente e mia madre descriveva spesso questo mutamento nei nostri riguardi in termini davvero incredibili e spaventosi. Mio padre si ammalò e quasi morì, di conseguenza fummo obbligati a tornare in Italia perdendo tutto quello che con tanti sacrifici i miei cari erano riusciti a realizzare. Comunque, nel 1943 una volta in Italia, i miei genitori hanno continuato a far tesoro dell’esperienza all’estero e con molta perspicacia non hanno mai abbandonato l’uso della lingua francese per tutta la famiglia. Cosa avvenne? Avvenne che i nostri cari concittadini italiani hanno iniziato ad odiarci profondamente ed a inveire contro il nostro ritorno, (c’era ancora la guerra che finirà nel 1945). Addirittura, coniarono una espressione nei riguardi di mia madre qualificandola “la franseisa”! Ecco quali sono per me i ricordi della mia infanzia. D’altra parte, anche oggi non si scherza con odio e discriminazione! Per me già da allora l’unico rifugio fu il canto! Mia madre nel 1946 acquistò per la famiglia una radio e le canzoni in voga d’allora furono i miei primi approcci con il canto! Non mi lasciavo sfuggire nessuna occasione per esibirmi! I miei miti erano: Tajoli, Consolini, Carla Boni, Nilla Pizzi, Gino Latilla ecc. ecc. Poi all’inizio degli anni 50, sempre grazie alla radio, con l’aiuto della mia sorella maggiore, abbiamo iniziato ad ascoltare in diretta le opere liriche e da lì tutta la mia nascita verso il melodramma!
Una volta scoperta la passione per il belcanto, la Signora Lavani cominciò a studiare e subito arrivarono riconoscimenti e premi: diplomi di merito alla Scala, all’Accademia Musicale Chigiana, a Torino, borse di studio Enal, il concorso al Teatro San Carlo ed allo Sperimentale di Spoleto, dove interpretò Lauretta in ‘Gianni Schicchi’, al fianco di un giovanissimo Leo Nucci. Cominciamo proprio dal re dei baritoni la nostra carrellata di grandi artisti: cosa le viene subito in mente se citiamo Leo Nucci? Leo, cantò nel mio Gianni Schicchi Mastro Spinelloccio, ma lui aveva già debuttato il Barbiere di Siviglia l’anno precedente credo! Inutile ricordare il suo talento. Provai tanta malinconia quando lo incontrai artista del Coro al Teatro alla Scala in occasione di miei spettacoli alla Piccola Scala. Ma quel temperamento, quell’entusiasmo, quella visione sempre positiva che aveva della vita, furono gli artefici dei suoi trionfi! Nella sua successiva ripresa della carriera cantai con lui a Bologna nella Fedora e ci ritrovammo a ricordare i nostri inizi! Spesso, vivendo a Verona lo incontravo per strada e non abbiamo mai smesso di stimarci e volerci bene a vicenda!
Quello spettacolo era diretto da un grande Maestro, figura fondamentale per il teatro di Spoleto, ma troppo poco ricordato dalla critica: Ottavio Ziino. A lui devono il loro esordio molte delle più importanti voci italiane. Ci racconta qualcosa di lui?
Del Maestro Ziino ho un ricordo di un professionista molto adatto ad accompagnare cantanti debuttanti. Con lui durante le recite non sono mai accadute sorprese, il suo controllo ed esperienza faceva filare sempre tutto liscio! Ricordo un aneddoto, lui non pronunciava bene la consonante S, il suo Si era un Fi. Potete immaginare quanta ironia scatenava quando ripeteva una serie di: fi fi fi fi e quanti imitatori ebbe al seguito negli anni che furono!
Un altro grandissimo direttore cui lei è molto legata è stato Bruno Rigacci. Il Maestro era un musicista eccezionale, ma fu anche vittima di maldicenze, venne bistrattato dalla stampa e dimenticato vergognosamente dagli addetti ai lavori. Assieme avete lavorato alla fine degli anni Sessanta in ‘Gli astrologi immaginari’ di Paisiello, alla Radio Svizzera ed a Bologna in ‘Pia de’ Tolomei’, per poi ritrovarvi, dieci anni dopo, ancora a Lugano in ’ Livietta e Tracollo’ di Pergolesi. Ci racconta qualcosa di lui, del suo modo di lavorare, ma anche del suo carattere?
Il Maestro Rigacci ebbi la fortuna di conoscerlo durante i Corsi di Interpretazione all’Accademia Chigiana di Siena che condivideva con Gino Bechi! Fu per me una fortuna, nella mia vita credo di non aver mai più incontrato un talento del genere. In quei due anni di corsi estivi potei scoprire tutto ciò che mi serviva per impostare seriamente un cammino artistico con basi davvero solidificate! Tanta gratitudine io devo a questo Maestro che ha sempre ottenuto grande stima all’estero, ma che in Italia, per difficoltà legate ad un ambiente ostile al suo talento, non gli è stato consentito, anche attraverso azioni di malvagità, di potersi esprimere come gli sarebbe stato dovuto. Il modo di lavorare del Maestro era pieno di entusiasmo trascinante, al pianoforte era un fiume in piena, ti risolveva con mille sfaccettature ogni piccolo dettaglio, ti creava un clima di tale sostegno che tutti i problemi tecnici passavano in secondo piano e senza che te ne accorgessi venivano risolti immediatamente! Descrivere il carattere del Maestro Rigacci è facilissimo, da buon fiorentino purosangue immensa simpatia, giovialità, bontà, ironia, forse mancava un poco di cattiveria, cosa anomala per un fiorentino, credo gli avrebbe creato armi di difesa alla sua causa!
Un altro incontro importante è stato quello con Franco Mannino. La diresse nel 1969 in ‘L’Incoronazione di Poppea’ ed in ‘Falstaff’, ma ebbe anche l’opportunità di cantare in due opere da lui composte: ‘Soltanto il rogo cantò’ e, nel 1970 a Trieste, ‘La Speranza’. Come era Mannino direttore d’orchestra e com’è cantare un’opera diretta da chi l’ha composta? Il Maestro Mannino è un altro Direttore a cui devo immensa gratitudine! non solo mi diede tanta fiducia per il repertorio di soprano lirico-leggero, ma, in particolare, anche nel cambio verso il repertorio drammatico, fu uno dei miei sostenitori più agguerriti! A Trieste nel 1970 fu una esperienza veramente gratificante! Ed anche per ‘Soltanto il rogo’. opera molto complessa rispetto alla precedente, trovai tanta sicurezza nella sua direzione. Il suo gesto era molto chiaro ed ampio! Anche nel repertorio classico mi sono sempre sentita appoggiata e sicura diretta da lui!
Nel 1969 lavorò con uno dei più geniali uomini di teatro: Paolo Poli, nell’unica regia d’opera che realizzò: ‘Il Giovedì Grasso’ di Donizetti, a Roma. Che ricordi ha di questo eclettico talento? Devo dire che per me Paolo Poli ha voluto realizzare quell’unica regia di opera lirica “Il giovedì grasso” per curiosità. Avrebbe potuto anche ripetere con altro titolo quell’esperienza, ma evidentemente non lo riteneva interessante. Peccato, io ho goduto di quell’immenso talento per poco perché il mio era un ruolo di contorno, ma ho presente tutto l’impegno e la simpatia che scatenava durante le prove che io non dimenticherò mai più! Grazie a quell’occasione io sono rimasta amica di Paolo e ci siamo ritrovati a Verona durante i suoi spettacoli dei quali non ne ho perso neanche uno!
Lei è stata diretta anche da Margarita Wallmann, artefice di spettacoli passati alla storia, celebre anche per il suo vulcanico carattere. Come si è trovata a lavorare con lei? È per me uno dei ricordi più graditi della mia carriera! Uno dei grandi registi che mi hanno stimato dal primo istante e voluto anche tanto bene! Intanto mi lasciò carta bianca per la Despina, finalmente libera di realizzare tutta la mia personale vivacità nei riguardi di questo ruolo. Ovvero non la solita servetta tutta raffinata con moine prevedibili ed insulse, ma creatura tutta verità partenopea, fatta di altrettanta partenopea furbizia, cinismo e attaccamento spudorato al vile denaro! Naturalmente spontanea ed immediata! Era tutto questo per lei completamente approvato! Mi donò il suo libro “Balconate dal cielo” con dedica di grande stima per me!
Ritorniamo ai grandi colleghi cantanti: fra le grandi voci al cui fianco si è esibita ci sono TeresaBerganza, Mirella Freni, Shirley Verrett; ci racconta com’erano queste tre primedonne? Teresa Berganza era molto simpatica, ma anche umile. Io ricordo la sua risata, il suo viso luminoso, la sua allegria e semplicità! Insieme a lei due mattacchioni di colleghi (Renato Cesari e Florindo Andreolli) che le scatenarono, durante le prove, momenti esilaranti indimenticabili! Immensa per me la sua professionalità. La Freni era una bellissima personcina e davvero una delizia di visetto molto espressivo. La sua vocalità sicura ed ancora tendente al lirico leggero. Venne tardi alle prove, ma si inserì benissimo nella compagnia di canto. Anche la Signora Verret non fu presente alle prove, venne soltanto il giorno del concerto che fu naturalmente per me una delle emozioni indimenticabili della mia vita! (successivamente divenne il mio idolo in Lady Macbeth, quando toccherà a me iniziare lo studio del ruolo)
Nel 1972 canta per la prima volta con Lucia Valentini Terrani, che successivamente incontrerà in diverse altre occasioni. Come ricorda questo grandissimo mezzosoprano? Con Lucia fummo amiche fraterne! Quante risate, quanto affetto ci ha unite! Quante confidenze ci siamo scambiate! Nasceva allora il suo amore per Alberto! Naturalmente ci siamo perse di vista in seguito, ma bastava una telefonata per ritrovarci come ai bei tempi! Quanto ho sofferto per il suo destino così crudele, ancora oggi mi addolora come se fosse mancata da poco! Ciao cara Lucia riposa in pace ora con Alberto!
Nello stesso anno cantò diretta da Gianandrea Gavazzeni, in un lavoro di Perosi. Che ricordi ha di questo grandissimo artista? Col Maestro Gavazzeni mi sono trovata molto bene in quel Concerto e gli piacque il mio colore di voce. Mi propose di studiare Oscar del Ballo in maschera. Ma poi non se ne fece nulla. Invece gli chiesi di ascoltarmi, non ricordo forse nel 1986, nella Lady Macbeth, si stupì molto del mio cambiamento ma mi volle risentire ancora. Nel frattempo, io decisi di dedicarmi all’insegnamento.
Tito Gobbi, Rolando Panerai e Sesto Bruscantini sono cantanti che fanno spesso capolino nella sua carriera. Ha dei ricordi di questi interpreti dal repertorio smisurato? Di Tito Gobbi ho un ricordo commovente! Si prestò, durante le prove del Falstaff a Monte Carlo, ad aiutare il regista malato ed anziano, a completare la preparazione scenica dell’opera per andare in scena senza problemi! In seguito dopo la sua scomparsa ho conosciuto la moglie e più recentemente la figlia Cecilia. Rolando Panerai era un vero istrione! Simpatico, generoso, coinvolgente in palcoscenico, spiritoso, quanto un vero toscanaccio! Dietro le quinte, per me era sempre sul palcoscenico!! Che grande amicizia con Sesto Bruscantini! Che grande arricchimento di consigli vocali, di preparazione, insieme anche alla moglie Angela Aguade, di spettacoli curati dalle sue regie, condivisi con il Maestro Fasano ed i Virtuosi di Roma, che persona sempre disponibile alla ricerca di miglioramenti e scoperte per l’evoluzione del mio strumento. Proprio una grande e bella amicizia!
‘Le nozze di Figaro’ è stato un titolo fondamentale per la prima parte della sua carriera: ha interpretato sia la Contessa che Susanna, in addirittura dodici diverse edizioni. Con registri del calibro di Visconti, Crivelli e Puecher. Quale di questi grandi artisti era più vicino alla sua personale idea del personaggio che interpretava? Il regista che più ha contato nella messa in scena di questa opera è stato Virginio Puecher, con cui ho realizzato, soprattutto il ruolo di Susanna, in modo che è risultato piuttosto nuovo, più vicino cioè ad una verità “umana” del personaggio, meno “settecentesca”! Anche i ruoli preparati con Pippo Crivelli mi hanno visto in piena libertà di esprimermi.
Lei ha cantato in diverse occasioni in America. Quali sono i suoi ricordi americani? Un ricordo legato all’America. Nel 1974 con i Virtuosi di Roma diretti da Renato Fasano, andammo a Washington al Kennedy Center per un Festival in favore di aiuti alla città di Venezia. Non fu un bel ricordo a causa di una diatriba a proposito di “certe tasse” che si sarebbero dovute versare al fisco americano e che nonostante i tentativi fatti per evitarle fummo obbligati a farlo ob torto collo! Io non ci capii molto ma mi dispiacque l’insistenza da parte italiana che forse avrebbe potuto evitare una brutta figura! Aggiungo però un bel ricordo di due colleghi ormai trapassati che parteciparono con grande professionalità e simpatia a molti degli spettacoli programmati: Cecilia Fusco soprano portentoso dall’arte scenica eccezionale ed il tenore Lajos Kosma anche lui raffinato artista!
C’era una differenza fra il pubblico italiano e quello statunitense? Non ho trovato sostanziali differenze con il pubblico americano, anche perchè il tipo di repertorio eseguito è stato o la commedia o le grandi opere barocche, generi che non fanno la differenza
Lei ha cantato spesso all’estero. In quelle occasioni è sentita in qualche maniera una bandiera dell’italianità? Si, anche per me, nel mio piccolo, nonostante le difficoltà e i dolori subiti all’inizio della mia infanzia, sono ancora tanto orgogliosa di essere italiana!
Altro cantante con cui lei si è esibita spesso è Carlo Bini, artista molto popolare anche in America Ci racconta qualcosa di questo tenore troppo poco ricordato dagli addetti ai lavori? Fu un vero collega, fratello e amico! Se ne è andato da non molto ma ha lasciato un vuoto molto doloroso per me. Tutte le cose fatte insieme sono ben impresse nel mio cuore! Gli sono tanto grata per il bene e la stima che mi ha donato con la sua stragrande generosità! Tutto ciò che Carlo interpretava era di assoluta grande professionalità! In Jenufa, nel Trovatore, nella Fedora nell’operetta, ogni ruolo vocalmente e scenicamente ineccepibili! Carlo è sempre stato un “vero” interprete.
‘Jenufa’, anche questa inserita nella recete raccolta di registrazioni a lei dedicata ‘Carmen Lavani il soprano che visse due volte’, era uno spettacolo di grande intensità, che ci offre l’opportunità di parlare di un uomo di teatro straordinario, nei cui confronti c’è un atteggiamento vergognoso di trascuratezza da parte delle istituzioni: Raffaello de Banfield. Ci racconta qualcosa di questo grande musicista? Questo mi addolora! Io devo molta gratitudine al M^ De Banfield! Fu uno dei pochi che seguì il mio cambiamento di repertorio con interesse e grande sensibilità! Del Campiello, dove io cantai sempre la Gasparina, mi offrì la Lucieta, che fu un grande balzo per me, non solo per la vocalità che mi permise già di dimostrare il cambiamento, ma, in una seconda decisione, addirittura di arrivare alla Forza del destino! Persona per me molto raffinata e, cosa davvero rarissima sempre all’altezza peretta delle sue competenze! Provo grande tristezza per lui!
All’inizio degli anni Ottanta sono piuttosto ricorrenti le rappresentazioni di ‘ Il Campiello’ di Wolf Ferrari.La ricordo luminosissima nel 1982 accanto a Daniela Mazzuccato e William Matteuzzi, veri fuori classe, ma anche con dei professionisti straordinari come Laura Zannini e Mario Guggia, di cui nessuno parla mai. Vuole ricordare questi ottimi interpreti dallo smisurato repertorio? Voglio dire quanta professionalità io ho sempre riscontrato in questi due colleghi che ho ritrovato tante volte sul mio cammino! In particolare, Mario Guggia che per il cambio del repertorio, alla prima prova di sala della Forza del destino mi abbracciò e si congratulo’ affettuosamente con me auspicandomi una nuova importante carriera! Nel 1983 ci fu una ‘La Boheme’ fiorentina un po’ difficile… Per me fu uno spettacolo non semplice perché alcuni degli addetti ai lavori trovarono la mia vocalità troppo scura e corposa per Mimì, personaggio con cui avevo raccolto ampi plausi due anni prima al Petruzzelli. Per fortuna ebbi il sostegno di alcuni colleghi, come il baritono Giancarlo Ceccarini, Schaunard, persona gentile e di grande correttezza, che mi sostennero e colsero il valore del cambiamento vocale che stava avvenendo.
Nel 1984, al Verdi di Trieste, la grande svolta: ‘La Forza del Destino’. Accanto a lei i più bei nomi della lirica italiana dell’epoca: Merighi, Giaiotti, Trimarchi, Zancanaro, la Nave. Ha qualche ricordo di quella magnifica compagnia? Ho appena ricordato Mario Guggia che cantava il personaggio nella Forza del Rivendugliolo, ma non posso certo dimenticare Maria Luisa Nave (l’anno successivo Kostelnitka della Jenufa), Bonaldo Giaiotti mio grandioso Padre Guardiano, Giorgio Merighi fantastico Alvaro, Giorgio Zancanaro dalla nobile vocalità, e Domenico Trimarchi dalla simpatia esuberante di Melitone!! Tutti colleghi che hanno incorniciato la mia Leonora in maniera meravigliosa! Devo anche aggiungere Silvana Mazzieri altra ineccepibile Preziosilla!
Una curiosità: com’è il rapporto fra grandi cantanti e giovani agli esordi? Ha qualche ricordo dei suoi esordi e di qualche episodio in cui invece lei rappresentava l’interprete arrivata alla fama? Devo dire che quando ero giovane, ho sempre trovato gentilezza e cortesia dai grandi, tranne una volta a Siena con Franco Bonisolli che uscì dal binario nei miei riguardi con un commento infelice… al quale però io seppi immediatamente rispondere per le rime. Già da allora si pareva la mia…nobilitate!!! Nella situazione opposta, per natura io nutro simpatia per quelli giovani e senza esperienza anche se i tempi sono molto cambiati e trovare l’umiltà di ascoltare qualche consiglio dai vecchi è sempre più raro!!
Prima di chiudere ci piacerebbe un ricordo di Rene Clair, regista gigantesco, con cui lei ebbe una amicizia duratura. L’amicizia con questo grande Regista cinematografico fu duratura fra lui ed il Maestro Brero tramite il quale io lo conobbi ! Questo è un magnifico ricordo per me, riguarda un Festival internazionale, quello di Divonne les bains. La compagnia del Maestro Brero di cui facevo parte si esibiva nel teatro della cittadina nota per il Festival e le cure fisiche. A tutte le prove di palcoscenico era presente Renè Clair che faceva anche le cure dei bagni; quindi, ogni giorno lo si vedeva in platea ad assistere attento e interessato. Espresse al Maestro Brero tutta l’ammirazione per la compagnia ed in particolare per me che riteneva fossi un petit moineau sur la scene (un piccolo uccellino sulla scena)! Dopo averlo ringraziato ricevetti da lui anche tanti consigli per il mio futuro cammino artistico! Questo aneddoto è stato uno dei più belli della mia vita artistica!
Parliamo di Carmen Lavani come pubblico, le chiedo un ricordo su due grandi artiste che so che lei ascoltò Maria Callas e Magda Olivero. Queste due GRANDI hanno avuto il potere di entrarmi dentro al sangue! La Callas in particolare! Ricordo che non mi ha fatto dormire le notti successive l’ascolto di Medea e Poliuto dal vivo, al Teatro alla Scala! Quando iniziai il mio cammino artistico dovetti sradicarla dal mio cuore, perchè dovevo assolutamente trovare il “mio” canto e la “mia” vera natura! Con Magda Olivero ebbi la fortuna di esserle amica e sentirla durante i preparativi di un suo concerto! Mi emozionò più che in palcoscenico! Ebbe grande stima nei miei riguardi!
Con quali cantanti, con cui ha lavorato, ha mantenuti dei rapporti di amicizia? I cantanti coi quali ho frequentemente lavorato, ho mantenuto rapporti di grande amicizia con Biancamaria Casoni e Carlo Gaifa, Adriana Martino e Ugo Benelli!
Chiudiamo con una domanda su una grande artista: chi è, secondo lei, Carmen Lavani? Carmen Lavani è un’artista che ha fatto del suo canto la propria ragione di vita. Nella vita privata ha cercato l’indipendenza assoluta dai legami per non intralciare troppo il suo cammino artistico. Forse in questo modo non è riuscita bene a mettere i famosi paletti fra finzione e realtà ma realizzando così una sorta di fintà e reafin che, tutto sommato mi va bene anche così!
Alessandro Scotto Di Luzio (@alexscottodiluzioofficial)
Intervista di Gianluca Macovez apparsa sulla rivista L’Idea, 5 maggio 2023 (lideamagazine.com)
Alessandro Scotto di Luzio è un tenore di successo si sta ritagliando uno spazio sempre più rilevante fra le nuove voci italiane. Lo abbiamo intervistato a Trieste mentre cantava Rodolfo di ‘La Boheme’, e si preparava ad interpretare il difficile ruolo del Duca di Mantova, nel Rigoletto, a Londra, dove sta cantando proprio in questi giorni.
Lei, nonostante la giovane età, vanta un lungo curriculum, perché ha iniziato giovanissimo. Come ha scoperto la sua passione per l’opera? Mi sono avvicinato all’opera grazie a mio nonno, che era un amante dell’opera e della canzone napoletana. Conosceva anche qualche aria, come ‘Che Gelida Manina’ e ‘E Lucean le stelle’, che canticchiava spesso con voce da appassionato, non da cantante, dedicandole alla nonna. Ne usciva una atmosfera di grande bellezza e sicuramente questo contribuì significativamente a trasmettermi la passione per il belcanto. Mi accorsi presto di avere una bella voce: ad otto anni cantavo ‘O Sole mio’, ‘Torna a ‘Surriento’, insomma il repertorio classico napoletano ed i parenti alle feste mi chiedevano di esibirmi per loro. Così poi inizi a studiare, studiare, studiare e ti rendi conto che una vita non basta per imparare tutto quello che vorresti sapere.
I suoi familiari l’hanno appoggiata oppure erano spaventati da una scelta professionale così insolita? La mamma mi ha sempre appoggiato, spingendomi a tener duro nei momenti difficili, mentre il papà un po’ meno, non perché fosse ostile, ma perché la vedeva come una carriera molto difficile. Lui è un agricoltore, un uomo concreto, che teneva molto al lavoro manuale. Non a caso nella mia infanzia ho ricordi anche di quando, con mio fratello, andavo ad aiutarlo nei campi. Sicuramente quel lavoro agricolo mi è stato utile per temprare il carattere.
Per qualche anno ha fatto parte del coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Come ricorda quell’esperienza? Sicuramente è stata una bella esperienza. Ricordo che quando seppi che mi avevano preso feci un vero salto di gioia: avevo diciannove anni, appena finite le scuole superiori e fu bellissimo essere scelto. Poi col passare del tempo, stando nel coro mi resi conto che mi mancava qualcosa, che avevo bisogno di altro e così, dopo due anni, lasciai perdere ed intrapresi un’altra strada. Ad oggi sono contento della scelta fatta, ma certamente esiste anche il rovescio della medaglia: facendo il cantante non hai la stabilità di un contratto sicuro, rischi di lavorare un mese e poi rimanere due o tre mesi a casa e questo sicuramente mette ansia, perché dipende non solo da te ma anche dalle tante sfaccettature di questo mestiere.
Il suo Maestro è un tenore che ha scritto pagine importanti dell’opera italiana, ma con caratteristiche vocali ed interpretative molto diverse dalle sue: Nunzio Todisco. Che cosa vi unisce? Il Maestro Todisco è una figura importantissima per me. Quando sono andato da lui c’erano delle cose che non andavano tecnicamente e lui le ha messe a posto. Todisco viene dalla vecchia scuola, sa il fatto suo. Ha una personalità forte, decisa, è un vero leone, ed io gli sono riconoscente e quando posso continuo ad andare da lui. Abbiamo due repertori differenti, ma lui mi ha dato, oltre alla tecnica, anche quella tempra che a me mancava.
Lei è nato e cresciuto a Napoli. Qual è per un cantante il valore aggiunto dell’essere partenopeo? Non ho questa sensazione. Il mio impegno o in Italia o all’estero è sempre costante cercando sempre di migliorarmi. Inoltre, se posso essere di aiuto a qualche collega straniero su qualche parola italiana inerente all’opera sarò ben felice si aiutarlo.
Il suo repertorio è decisamente impegnativo: Rigoletto, Lucia di Lammermoor, Figlia del Reggimento, tanto per fare qualche nome, ma eccelle anche nell’operetta: Il paese del sorriso ed il Pipistrello per ricordare i titoli in scena a Trieste. Come si trova ad affrontare la cosiddetta ‘ piccola lirica’, che per gli interpreti è tutt’altro che piccola? L’operetta l’apprezzo moltissimo, ma è decisamente complessa. Rispetto all’opera è più attoriale, ci sono dei dialoghi di prosa, ma onestamente la faccio con piacere, mi piace, mi diverto. Non sono poche, comunque, le insidie, anche perché come scrittura non è semplice per niente e quando la si canta bisogna stare molto attenti. Sono stato contento in particolare di ‘Il Pipistrello’ andato in scena lo scorso anno, perché rispetto a ‘Il Paese del Sorriso’, cantato nel 2014, ho una differente maturità, vocale e scenica.
Ha dalla sua una figura prestante e delle ottime capacità interpretative. Quanto possono aiutare queste doti? Il fisico, l’altezza, la figura sicuramente aiutano, ma credo che se uno è un talento, può essere basso, grasso, alto, magro, brutto, non ha nessuna importanza, perché la gente ascolta ed apprezza. Certo se poi pensiamo ad uno come Corelli, voce magnifica, splendido uomo, c’era proprio tutto. Però va anche detto che ancora una volta siamo davanti ad un’arma a doppio taglio, perché l’aspetto piacente può suscitare invidie e rivalità in alcuni colleghi.
“UN RUOLO CHE MI STA
PIÙ A CUORE È PROPRIO
RODOLFO, CHE MI PREPARO
A PORTARE IN SCENA
A TRIESTE…”
Una curiosità: come si pone di fronte alle regie moderne? Crede che realmente danneggino lo spettacolo, come sostiene il pubblico più tradizionalista, oppure crede che certe trovate, come Don Giovanni che conclude a Salisburgo l’opera cantando nudo, possano offrire degli spunti interpretativi interessanti? Credo che la questione delle regie moderne sia molto soggettiva. A me piace pensare di essere un esecutore, non un osservatore e non un critico in questo ambito. Moderno o classico ha poca importanza. Forse il mio gusto personale è più vicino alle regie classiche, ma mi sono trovato bene anche con quelle più moderne, purché non mi costringano a salti mortali per la voce, posizioni strane nel canto o cose del genere. Va anche detto che se succede si parla con il regista e si cerca di trovare una soluzione che accontenti tutti. Peraltro, più i registi, classici o moderni, mi chiedono di impegnarmi, più mi pare di migliorare anche al livello di prosa. Mi piace quando mi si offrono tanti stimoli, tante idee, perché poi elaboro e cerco di fare tutto, cercando di costruire personaggi sempre più completi. Se poi vogliamo parlare dello spettacolo di Salisburgo, francamente non credo che ‘Don Giovanni ‘ abbia bisogno di un uomo nudo in palcoscenico, non credo che questo faccia la differenza. La narrazione ha bisogno di una certa fantasia, non serve mettere tutto in scena. Personalmente un Duca di Mantova svestito, non credo proprio che lo interpreterei.
A quale ruolo è più legato e quale personaggio vorrebbe non interpretare più? Un ruolo che mi sta più a cuore è proprio Rodolfo, che mi preparo a portare in scena a Trieste e con il quale ho debuttato nel 2009 ad Ercolano. Mi piace molto anche Mario Cavaradossi, a quale sto lavorando e che spero che con la maturità vocale possa portare in scena. Spero proprio che questo ruolo possa concretizzarsi, ma certamente comanda la voce e la sua evoluzione: non bisogna forzare le tappe, altrimenti è impossibile costruire una carriera duratura.
“IO RISPETTO TUTTO E TUTTI,
PERCHÉ È DETERMINANTE
PER LA BUONA RIUSCITA
DELLO SPETTACOLO.”
Trieste l’ha ospitata in diverse occasioni. C’è uno spettacolo cui è più legato? Amo molto ‘La Boheme’, ma certamente ‘Il Paese del Sorriso’ era stato uno spettacolo bello, che rifarei volentieri con la maturità di adesso.
Nel corso della sua carriera si sono instaurati rapporti speciali con dei colleghi? Francamente io vado d’accordo con tutti. Anche se dall’altra parte qualcuno dovesse alzare un muro, io rispetto tutto e tutti, perché è determinante per la buona riuscita dello spettacolo.
Arriviamo a ‘La Boheme’. Un titolo cui lei è particolarmente legato, visto che lo ha debuttato nel 2009 ad Ercolano. Come già avevo anticipato, Rodolfo è nel mio cuore: un personaggio molto romantico, sensibile, che secondo me si innamora di Mimì anche perché coglie le sue difficoltà, la sua sofferenza. Penso che lui sia colpito dalla bellezza della fanciulla, ma anche che la voglia tutelare, innamorandosi della sua fragilità. Noi uomini, secondo me, dovremmo essere protettivi verso la nostra donna, perché più si è protettivi, più si ama.
Cosa pensa di avere in comune con Rodolfo? Credo di avere in comune con lui la sensibilità, il romanticismo, quella passione, che da napoletano penso di possedere.
In questi anni cosa è cambiato, sia scenicamente che vocalmente, nei confronti d questo ruolo? Sicuramente è cresciuta la maturità: ho avuto diverse occasioni di interpretarlo ed ho cercato di scavarlo sempre di più, sperando di farlo sempre meglio.
Immagino che il coinvolgimento emotivo, soprattutto nell’ultimo atto, non sia un elemento da poco: come vive quel momento dell’opera ed ha mai avuto difficoltà a gestire l’emotività? Devo cercare di fare un passo indietro, nel senso che se pensassi liberamente alla situazione, all’emotività di quel momento, non riuscirei a cantare. Se pensassi a quel momento narrativo, mi verrebbe un magone allo stomaco, un grappolo in gola e mi metterei a piangere. Devo cercare di abbandonarmi tenendo però la situazione sotto controllo e non è una cosa facile.
“NOI NAPOLETANI SIAMO
CUGINI CON I PALERMITANI;
ERA IMPOSSIBILE
NON TROVARSI BENE.”
Ha cantato da poco ‘La Boheme’ con la regia della signora Muti. Come è questa esperienza? Si… ho maturato molto questo ruolo e posso dire che sono rimasto molto soddisfatto per il lavoro che ho svolto. Avanti tutta!
A proposito di grandi ruoli, da poco ha interpretato Alfredo a Palermo. Come è stato interpretare questo uomo così irrequieto? Noi napoletani siamo cugini con i palermitani; era impossibile non trovarsi bene. Sono stati tutti molto affettuosi con me e il teatro del Massimo è meraviglioso! Anche lì è andata molto bene e spero di ritornaci presto anche per tutti quei buonissimi dolci locali tradizionali
Qual è il suo rapporto con le recensioni: le legge o, come faceva la Simionato, le evita? Francamente cerco di evitarle, ma con i social non è facile: qualcuno ti tagga, un collega condivide ed a quel punto subentra la curiosità e si va a leggere. Però posso dire che se la recensione è genuina, l’artista sa i suoi limiti, i suoi pregi, i suoi difetti e devo confessare che in cuor mio so cosa devo migliorare e se il critico mi dice una cosa tecnica ben precisa, lo ascolto, ne prendo atto e cerco di risolvere la situazione.
Cosa le piacerebbe vedere scritto di lei? Vorrei parlassero di me come di un tenore italiano, napoletano, preso come riferimento dai grandi teatri, questo naturalmente è il sogno di tutti, perché il nostro mestiere è bellissimo, ma molto stressante, con tante difficoltà. Devi riguardarti, cantare anche se non stai bene, hai paura che gli altri ti passino raffreddori ed influenze, insomma sei sempre sulla corda. Una tensione che da fuori non si vede, ma che ti logora e quindi ognuno di noi sogna una tranquillità lavorativa. Non per fare il divo, semplicemente per poter assicurare tranquillità ai propri familiari. Faccio il possibile, studio costantemente ogni giorno, con tenacia, cercando di migliorare sempre. L’altra cosa cui punto tanto è di cercare di emozionare l’ascoltatore. Perché va bene lavorare sulla voce, ma è fondamentale riuscire a far arrivare il personaggio. Questo è un argomento sul quale mi impegno molto, sperando di riuscire a far entrare i ruoli che interpreto nel cuore del pubblico, che vorrei che non fosse colpito solo da una voce, ma anche da un sentimento, un pathos, una sensibilità.
Invece cosa le dà più fastidio? Una recensione poco obiettiva sicuramente non fa piacere, perché chi canta si impegna moltissimo, ma chi l’ascolta non sa cosa sta vivendo l’artista in quel momento. Ci sono situazioni familiari, di stress, di salute, con cui noi dobbiamo fare i conti e che nessuno conosce. Quando sai che hai dato tutto quello che potevi e forse anche di più, ti spiace che i tuoi sforzi vengano oscurati da un errore, una difficoltà, come se tutto il tuo impegno si risolvesse in quell’attimo.
“IL SOGNO DI NOI TUTTI
CANTANTI È CANTARE AL MET
(METROPOLITAN OPERA);
SPERO DI RIUSCIRCI
ANCH’IO!”
Qual è il suo rapporto con l’America? Beh, L’America è sempre l’America. Come dice Pinkerton in Butterfly, “America for ever”. Sono stato a Miami, ho cantato Rodolfo nella Bohème, è stata una super esperienza! Il sogno di noi tutti cantanti è cantare al Met (Metropolitan Opera); spero di riuscirci anch’io!
Qualche anticipazione sui suoi prossimi impegni? Sarò il Duca di Mantova a Londra alla Opera Holland Park in maggio/giugno. Riprendo questo ruolo dopo un anno esatto. Un personaggio spavaldo e meschino, il grande Verdi mette subito i puntini sulle i per i Tenori… ruolo difficilissimo dove il Tenore deve essere ben saldo tecnicamente. Mi impegnerò al massimo!!! In estate sarò Alfredo alle bellissime e suggestive Terme di Caracalla in Roma. Ogni volta per me è una grande emozione perché mi capitava spesso di ascoltare e guardare il dvd dei tre tenori a Caracalla, poi essere lì adesso ogni volta è un forte emozione.
Infine, ringraziando per la disponibilità e la cortesia, quali sono i suoi sogni? Il mio sogno, come dicevamo, è quello di essere un tenore di riferimento nel panorama lirico mondiale, ma anche di stare sereni; vorrei la Pace, per questo mondo. Lavorativamente, mi piacerebbe cantare ruoli più lirici, ma arriverà con la maturità; con gli anni la voce mi consentirà qualche ruolo un po’ più pesante, ma come dicevamo, sempre rispettando l’organo vocale. Non amo gli azzardi, vanno fatte le cose giuste al momento giusto.
Le dichiarazioni di Natale Pietrafitta, consigliere delegato dell’Ente Luglio Musicale Trapanese, in merito alla riapertura del Teatro M° Tonino Pardo di Trapani.
“Ufficialmente possiamo annunciare, con enorme senso di soddisfazione, di aver conquistato l’agibilità permanente da parte della Commissione Comunale di Vigilanza sui Pubblici Spettacoli sul Teatro M° Tonino Pardo di Trapani. È stato un lavoro lungo, complesso, faticoso che alla fine ha dato i suoi buoni frutti.
Un’attività che l’attuale amministrazione comunale di Trapani ha voluto fortemente e che ha seguito in prima persona. Nella qualità di consigliere delegato, ricevetti incarico da parte del sindaco prima, e del Consiglio di Amministrazione dopo, allorché mi fu chiesto di riprendere in mano il vecchio faldone impolverato che conteneva tutti gli atti concernenti la struttura del Teatro Pardo, per comprendere quali ragioni avessero, nel passato, sospeso l’agibilità che nel 2016 era stata concessa. Dallo studio approfondito di quegli atti si comprese che la struttura teatrale fosse priva di alcuni e notevoli accorgimenti che garantissero il Teatro da eventuali rischi connessi alla normativa antincendio. Il C.d.A. dell’Ente, quindi, affidò l’incarico ad un ingegnere esperto lo studio, i sopralluoghi e gli indirizzi da fornire affinché si adeguasse la struttura teatrale alla normativa antincendio.
L’attuale governance, quindi, ha dovuto sostituire, collocare e modificare elementi tecnici perché il Teatro superasse favorevolmente il vaglio della Commissione Comunale.
In data odierna, dunque, – così continua Natale Pietrafitta – a seguito della visita da parte della Commissione Comunale, il Teatro è stato ritenuto idoneo allo svolgimento dei pubblici spettacoli.
Nella qualità di Consigliere Delegato, quindi, avverto sentimenti di gioia per avere contribuito, nel mio piccolo, a restituire un Teatro Comunale ai trapanesi ed alla città tutta.
Un sincero ringraziamento mi sento di rivolgerlo al sindaco Giacomo Tranchida per la fiducia accordatami quando, lo scorso novembre, ebbi a garantirgli certezza sul mio impegno alla riapertura del Teatro Pardo, a tutti i consiglieri per aver consentito serenamente la gestione di tutte le attività tecniche che si sono rese imprescindibili. Un sincero ringraziamento va, ancora, alle donne ed agli uomini dell’Ente che silenziosamente, giorno dopo giorno, nonostante le urgenze, le esigenze quotidiane e le difficoltà di percorso che fisiologicamente si sono presentate, hanno messo in campo tutte le loro migliori abilità per raggiungere questo grande e importante traguardo: un traguardo che ritengo essere di tutto lo staff dell’Ente perché ciascuno ha valorosamente contribuito per la conquista di un obiettivo che, fino a pochi mesi fa, appariva una vera e propria chimera. Oggi, quella chimera, è realtà ed è una realtà di tutti i trapanesi.
Il Teatro M° Tonino Pardo aprirà le proprie porte per la prima volta, dopo la lunga pausa di questi ultimi anni, domenica 30 aprile, alle ore 21.00, in occasione del Concerto di Gala del XVIII Concorso Lirico Internazionale “Giuseppe Di Stefano”: un evento che ci sentiamo di dedicare a tutti i trapanesi ed a tutte le potenzialità artistiche di questa nostra splendida città” – così conclude Natale Pietrafitta.
CONCERTI DEL TEMPIETTO – FESTIVAL MUSICALE DELLE NAZIONI Chiostro di Campitelli al Teatro di Marcello – Piazza Campitelli, 9 – Roma Domenica 30 Aprile 2023 ore 18 (ore 17.15 – Visita guidata nei dintorni del Teatro di Marcello riservata ai possessori del biglietto del Concerto)
SCHUMANN, DE FALLA, SHOSTAKOVICH. Milena Punzi (violoncello) Eliana Grasso (pianoforte)
Musiche di Robert Schumann (Phantasiestücke per violoncello e pianoforte, op. 73); Manuel De Falla (Siete canciones populares espanolas per violoncello e pianoforte); Dmitri Shostakovich (Sonata op. 40 in re minore per violoncello e pianoforte).
Un’esperienza musicale indimenticabile: Schumann, De Falla e Shostakovich in concerto.
I Concerti del Tempietto – Festival Musicale delle Nazioni presentano un evento musicale imperdibile nel cuore di Roma, che promette di emozionare e ispirare giovani e persone impegnate spiritualmente. Il concerto, in programma per Domenica 30 Aprile 2023 alle ore 18:00, vedrà l’esibizione di Milena Punzi al violoncello ed Eliana Grasso al pianoforte, che interpreteranno le affascinanti composizioni di Schumann, De Falla e Shostakovich.
Lasciatevi trasportare in un’atmosfera magica e spirituale nel suggestivo Chiostro di Campitelli al Teatro di Marcello, dove la bellezza dei brani e la maestria delle interpretazioni di Punzi e Grasso creeranno un’esperienza indimenticabile. Il programma del concerto è stato attentamente selezionato per far risuonare le emozioni profonde e la spiritualità che caratterizzano le opere di Schumann, De Falla e Shostakovich.
Prima del concerto, i possessori del biglietto avranno l’opportunità di partecipare a una visita guidata nei dintorni del Teatro di Marcello, alle ore 17:15. Questo evento rappresenta un’occasione unica per coloro che cercano ispirazione dalla bellezza della musica e delle sue interpretazioni.
Acquistate i vostri biglietti online su www.tempietto.it e scegliete tra i posti a sedere disponibili. Non perdete l’opportunità di partecipare a un evento che sarà propulsore di voglia di fare e di creazioni artistiche, frutto della gratitudine che sgorga dalla bellezza dei brani e dalla interpretazione di Milena Punzi ed Eliana Grasso.
Per maggiori informazioni, visitate il sito www.tempietto.it, chiamate il +39 348 780 43 14 o scrivete a afjs@tempietto.it. Non lasciatevi sfuggire questa serata speciale!
TICKETSONLINE: www.tempietto.it front rows 36 € middle rows 25 € back rows 14 €
Intervista di Gianluca Macovez, apparsa su L’Idea Magazine.
Ph. Studio Amati_Bacciardi
In questi giorni Daniela Barcellona, straordinario mezzosoprano nata a Trieste ha vinto il premio come Miglior Voce Femminile al premio internazionale ‘Tutto Verdi’ dell’Opera di Bilbao. Un riconoscimento importante, uno dei tanti in una carriera ingemmata di riconoscimenti internazionali di grandissima rilevanza per questa cantante che attualmente è impegnata nelle repliche di ‘Orfeo ed Euridice’, spettacolo che segna il suo ritorno sulle scene triestine. La signora Barcellona è sicuramente una delle principali cantanti rossiniane al mondo, grazie ad una tecnica inossidabile, costruita con il supporto del marito, il Maestro Alessandro Vitiello, ad una voce capace di trovare infinite sfumature, una estensione omogenea, acuti solidi, fiati prodigiosi. Oltre alle preziose capacità vocali, il mezzosoprano giuliano si distingue per una capacità interpretativa fuori dal comune e da un carisma che trasporta il pubblico in un mondo parallelo. La sua carriera è stata costruita con grandissima misura, uno studio responsabile, appassionato, attento. Musicista raffinata e colta, ha saputo rispettare il suo prezioso strumento vocale evitando azzardi e forzature. Impossibile elencare i trionfi, i premi vinti, i colleghi con cui si è esibita, cantando nei maggiori teatri di tutto il mondo. Tanti successi non hanno fatto di lei una diva capricciosa, anzi. Siamo davanti ad una donna gentile, cordiale, pronta al sorriso, di gigantesca disponibilità. Da qualche anno si dedica ai giovani cantanti, con master di grande successo. Frequenta i concerti per raccogliere fondi per la beneficienza. Una grande professionista, responsabile e pronta a mettersi in gioco, anche con allestimenti anticonvenzionali, come accede a Trieste, dove il suo Orfeo è trasformato in una rockstar che cercherà di morire di overdose. Nonostante questo spettacolo sia quanto mai impegnativo, a poche ore dal debutto la signora ha risposto con disponibilità, sorrisi e pazienza ad una lunga serie di domande che ricordano diverse tappe importanti della sua carriera, ci raccontano il suo presente e ipotizzano il futuro che si aspetta.
Amneris in Aida, Salzburg Festival 2017. Ph. Marco Borrelli
L’Idea Magazine: Grazie prima di tutto di aver accettato di raccontarsi attraverso e risposte alle mie domande. Lei è nata ed ha studiato a Trieste, la città della sua mamma, ma è figlia di un siciliano. Cosà c’è in lei di profondamente triestino e cosa di siciliano che si porta dietro, nonostante sia da anni una cittadina del mondo, la più internazionale delle cantanti italiane? Daniela Barcellona: Sicuramente avendo queste origini siciliano-triestine, porto dentro di me i due caratteri del Nord e del Sud che mi hanno aiutato a sviluppare i personaggi, l’espressività. Avendo il papà siciliano, pur non vivendo in quell’isola, ma frequentandola spesso, andando a trovare i nonni e lo zio, ho potuto assorbire la cultura siciliana, conoscere le abitudini, la vita quotidiana. Il mio modo di proporre la musica ed i personaggi contiene dentro di sé tutte e due queste culture straordinarie. Ovviamente, essendo io vissuta a Trieste, amando moltissimo la mia città, probabilmente la mia ‘triestinità’ è più diretta, più evidente, ma nel mio cuore la Sicilia ha un posto importante.
L’Idea Magazine: Al conservatorio conosce il Maestro Alessandro Vitiello, musicista coltissimo, pianista raffinato, direttore d’orchestra di grande valore, che diventa il suo unico maestro di tecnica vocale ed è anche l’autore di tutte le variazioni musicali che lei esegue. Cosa ha significato per lei come artista avere accanto una figura di così grande spessore? È stato difficile, agli inizi, affidargli completamente il suo futuro professionale ed artistico? Daniela Barcellona: In realtà io non ho fatto il Conservatorio. Ho conosciuto il Maestro Vitiello, Alessandro, a casa sua. Dovevamo fare un Concerto al Circolo ufficiali a Trieste, avevamo tanti amici in comune, ma all’epoca non ci conoscevamo. A quel tempo cantavo nella Cappella Civica di San Giusto in maniera amatoriale e dovevo prepararmi per questo concerto. Mi diedero il suo nominativo ed andai da lui. Alessandro mi disse che aveva studiato tecnica vocale con l’insegnante di Elisabeth Schwarzkopf e Nicolai Gedda, che lo aveva preso sotto la sua ala protettrice all’Accademia di Mantova e gli aveva insegnato moltissimi segreti della tecnica vocale, ma soprattutto si offrì di condividere con me le sue conoscenze. Così iniziò il nostro lavoro insieme. Affidarmi completamente a lui non è stato assolutamente difficile, perché ho avuto da subito la consapevolezza della sua competenza, della sua preparazione, della serietà, a livello musicale ed anche tecnico. Con simili premesse è stato semplice affidargli il mio futuro canoro.
Arsace (in Semiramide), Bayerische Staatsoper 2017. Ph. Wilfried Hösl
L’Idea Magazine: Una curiosità: lei ed il Maestro Vitiello state per festeggiare le nozze d’argento. Una coppia così affiatata come fa ad affrontare la tensione dei debutti, gli imprevisti in scena e tutte quelle traversie che allarmano i cantanti lirici? Daniela Barcellona: Abbiamo già festeggiato le nozze d’argento: venticinque anni di matrimonio, preceduti da cinque di fidanzamento. Stiamo per arrivare a trent’anni di vita insieme. In questi anni ho seguito Alessandro in tantissimi concerti, direzioni di opere, così come lui segue me nei miei debutti, in tutte le mie prime, sopportando tutte le ansie del caso. Avere accanto una persona che conosce perfettamente il lavoro, nel mio caso addirittura con la quale ho studiato, rende meno complessa la situazione, perché si rende perfettamente conto delle difficoltà che si devono affrontare dal punto di vista psicologico, tecnico, fisico. Alessandro è molto, molto comprensivo. Questo non toglie – la signora mentre dice questo ride- che sia sempre difficile stare vicino ad un cantante, perché alle volte noi cantanti ci facciamo tanti problemi che in realtà non ci sono, dalla voce al catarrino a mille altre ansie immotivate. Penso proprio che sia molto stressante. Ma l’importante è avere una persona vicino che ti dia tutto il suo appoggio, che, come fa Alessandro, ti supporti e ti sopporti.
L’Idea Magazine: Ogni tanto, come nella ‘Semiramide’ a Bilbao nel 2019, canta diretta da suo marito. Risulta più facile o più complesso rispetto ad un direttore meno vicino umanamente? Daniela Barcellona: Essere diretta da Alessandro è molto più semplice, perché ormai c’è un’intesa fortissima. Nel caso di ‘Semiramide’, poi, la corrispondenza era totale, perché la parte l’ho studiata con lui fin dagli inizi, dal debutto del ruolo. In questo caso quindi il feeling era diverso, profondissimo. Anche in scena la condizione è differente, perché io so esattamente cosa lui si aspetta da me e lui sa perfettamente di cosa ho bisogno io. Conoscere di cosa ha bisogno l’altro ci facilita molto. La difficoltà consiste nel fatto che siamo preoccupati l’uno per l’altra: entrambi siamo in scena e siamo molto coinvolti. La prima volta che ho cantata diretta da Alessandro, per un mese non ho dormito perché ero preoccupata per lui. Molto più spaventata all’idea che qualcosa potesse andare storto a lui che a me. Ma a parte quest’aspetto, lavorare insieme è un connubio ideale, una situazione perfetta per affrontare una prima ed una produzione.
L’Idea Magazine: La prima volta che l’ascoltai era il 1994. Giovanissima, affrontò alla Sala Tripcovic un lavoro complesso come ‘La Dannazione di Faust’. Immediatamente fu magia: una voce dalla gigantesca personalità, un colore che strega, una tecnica sicura, ma soprattutto un carisma che appannò tutti gli altri interpreti, peraltro di valore. Cosa ricorda dei suoi esordi triestini, a pochi mesi dal debutto a Spoleto? Daniela Barcellona: Quello fu il mio esordio da solista. La voce dal cielo è una parte piccola, che canta solo nel finale dell’opera. Per inciso, sono stata felicissima, ai primi di febbraio di quest’anno, di debuttare, al San Carlo di Napoli, la parte di Marguerite, ruolo che adoro, che trovo di una poesia immensa. Tornando ai miei esordi triestini, sicuramente fu una grande emozione. Cantare nella propria città, anche se in un ruolo microscopico, oltretutto a pochi mesi dal debutto assoluto a Spoleto, è stato molto coinvolgente ed emozionante. Oltretutto, cantare nella città dove si vive è doppiamente impegnativo perché si conoscono le persone, l’ambiente. È allo stesso tempo più semplice e più difficile.
L’Idea Magazine: Quel teatro era stato regalato alla città da de Banfield. Conobbe il Maestro di cui ricorre quest’anno il centenario dalla nascita? Daniela Barcellona: Ho conosciuto il Maestro de Banfield. Non solo in occasione di questa produzione al Verdi, ma anche perché era stato in giuria al Concorso Iris Adami Corradetti, che vinsi, nonostante in finale avessi cantato con trentanove di febbre. So che quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita. Un grande dispiacere che sia stata demolita la Sala Tripcovich da lui sponsorizzata, costruita per sopperire alla chiusura del Verdi a causa dei lavori di ristrutturazione. Ho saputo, però, che il Maestro verrà ricordato con un busto, che verrà posizionato proprio dove sorgeva questa Sala.
L’Idea Magazine: Ancora a Trieste fu protagonista ineguagliabile di uno straordinario ‘Tancredi’. Spettacolo bellissimo, colleghi di straordinaria bravura, ma il teatro era stregato dall’intensità della sua interpretazione. Per quel che mi riguarda piansi senza dignità alla prima replica che vidi, ma fui ancora più scomposto alla successiva. Una simbiosi incredibile fra interprete e personaggio, che ha confermato in tutte le sue prove rossiniane. Chi è per lei Rossini e qual è, secondo lei, la cifra della sua eccezionale lettura di questo compositore? Daniela Barcellona: Anch’io ricordo con emozione quello spettacolo. Fu il connubio di un’opera che adoro e che mi ha dato tutto, perché i miei esordi sono legati al ‘Tancredi’ al Rossini Opera Festival nel 1999, con l’emozione di cantare quel ruolo a me così caro, proprio nella mia città. Era come se ci avessi messo il doppio del cuore: l’amore per la parte e l’amore per la città, uniti insieme per regalare a Trieste la mia interpretazione del mio ruolo preferito. Rossini è una grande scuola, è stato un compositore straordinario, spesso sottovalutato perché si conoscono di più le opere semiserie e quelle buffe, ma il repertorio serio viene spesso dimenticato. C’è stato un momento in cui ‘Semiramide’, ‘Tancredi’, ‘Donna del Lago’ sono riapparse nei cartelloni, ma adesso sembrano di nuovo un po’ dimenticate. Per me Rossini è stato l’inizio di tutto. Ho imparato, assieme ad Alessandro, le agilità rossiniane, studiandole tecnicamente e questo mi ha permesso di affrontare anche i ruoli successivi, come quelli verdiani, in maniera estremamente agevole, perché, in poche parole, essendo la partitura rossiniana molto complessa, veloce, ricca di variazioni ed agilità, richiede scelte tecniche rapide, decisioni veloci. Dopo aver acquisito questo metodo, passare ad un repertorio successivo, come quello verdiano, diventa decisamente più facile, perché si ha la consapevolezza di avere il tempo per pensare, ma anche la capacità di reagire immediatamente ad un eventuale errore tecnico, ad un passaggio difficile, ad un imprevisto, che può sempre capitare in scena. Attraverso i recitativi rossiniani ho scoperto l’importanza dello scolpire la parola. Rossini mi ha preparato ad affrontare tutti i repertori, perché Rossini non è solo virtuosismo, ma è anche contenuto. Questo compositore mi ha insegnato ad andare oltre lo spartito, oltre la partitura, soprattutto oltre le parole, per guardare alla storia, ai personaggi, al loro carattere; mi ha fatto capire quanto sia determinante saper ascoltare anche gli altri cantanti e riuscire a rispondere di conseguenza. Conoscere anche la parte degli altri permette di costruire con maggior realismo il proprio personaggio, consente di costruire un dialogo, sia musicale che scenico, credibile, coerente. Va detto che il recitativo di Rossini è stato utilissimo anche in tutti quei ruoli di altri compositori, nei quali il recitativo non è presente: mi ha aiutato a stare dentro al personaggio, a dare ad ogni parola il corretto significato, anche diversificandolo quando ci sono delle ripetizioni, perché una ripetizione di un’aria o di un duetto non è mai una semplice ripetizione, in quanto si utilizzano le variazioni per rafforzare quello che già si è affermato nella prima parte del brano. C’è bisogno di non lasciare mai nulla al caso, in nessun repertorio.
Amneris in Aida, Salzburg Festival 2017. Ph. Marco Borrelli
L’Idea Magazine: Nel 2009, sempre al Verdi, fu la protagonista di ‘Italiana in Algeri’, accanto ad un cast di fuoriclasse. La regia e le scene erano di Pier Luigi Pizzi, che l’ha diretta molte volte, soprattutto al ROF. Ha qualche ricordo particolare legato al Maestro veneziano? Daniela Barcellona: Devo dire che Pier Luigi Pizzi è stato uno dei miei maestri dal punto di vista scenico, perché sotto la sua direzione ho interpretato il mio primo Tancredi. Pizzi è un grande esteta, un profondo conoscitore della ‘mise en scene’, sia dal punto di vista musicale che scenico. È molto importante che un regista conosca anche lo stile musicale che sta affrontando, il messaggio che l’opera vuole consegnare al pubblico ed in questo Pier Luigi Pizzi è un grandissimo Maestro con il quale ho lavorato in moltissime produzioni. Impossibile citarle tutte, ma sicuramente mi vengono in mente immediatamente ‘Bajazet’ di Vivaldi, il ‘Rinaldo’ di Handel, ‘Europa Riconosciuta’, con la regia di Ronconi e le scene di Pizzi, con cui venne riaperta La Scala. Pizzi è un grandissimo intellettuale, un profondo conoscitore dell’opera e del teatro; mi porto dentro, con grande orgoglio, le magnifiche esperienze che ho potuto maturare, da giovane, lavorando con un Maestro dal quale ho cercato di assorbire tutto quello che potevo, come una spugna, andando ad assistere anche alle prove degli altri, per poter imparare quanto più possibile, carpire ogni indicazione, tutte le sfumature.
L’Idea Magazine: Essere una presenza quasi costante a Pesaro l’ha incoronata il massimo mezzosoprano rossiniano attualmente in scena. A quale personaggio di questo compositore si sente più legata? Quale invece ascolta sempre con entusiasmo, come spettatrice? Daniela Barcellona: Credo di aver già risposto, inconsciamente a questa domanda: sicuramente Tancredi è stato un ruolo determinante per la mia carriera. Era il 1999 ed ero emozionatissima. Quando dovevo entrare in scena pensavo che quel ruolo, prima di me, fosse stato interpretato dalla grandissima Lucia Valentini Terrani, riflettevo che io ero una giovane cantante venuta dal nulla e che quel ruolo era una grandissima responsabilità per cui ero sinceramente combattuta se prendere la porta per entrare sul palcoscenico o se non fosse meglio imboccare l’uscita dal teatro. Fortunatamente per me optai per l’entrata in scena e da lì è partito tutto. Tancredi è il ruolo cui mi sento più legata, mentre quella che ascolto sempre con grande entusiasmo è ‘Cenerentola’, un’opera straordinaria, meravigliosa, che mi entusiasma sia dal vivo che in registrazione: un capolavoro entusiasmante, davvero entusiasmante.
L’Idea Magazine: Spesso si ascoltano grandi discussioni fra i sostenitori delle regie tradizionali e quelli che aprono volentieri alle visioni più moderne. Come si pone all’interno di questo dibattito? Daniela Barcellona: Questa domanda mi piace molto. Diciamo che son contraria ad una visione registica eccessivamente moderna ed essenziale. L’opera va rispettata per quello che è: il pubblico viene a teatro per sognare, per avere una catarsi vedendo qualcosa che non sta vivendo in quel momento, ma che lo fa sognare, ‘esistere’ in una dimensione che non potrà mai attraversare. Per me una messa in scena del genere oggi risulterebbe molto moderna, visto che siamo abituati a questi allestimenti estremamente essenziali, che snaturano il vero messaggio che dovrebbe essere trasmesso, sia dal libretto che dal compositore. A me è successo di partecipare a spettacoli riusciti con regie moderne. Penso per esempio alla ’Semiramide’ con Hugo de Ana, che debuttai a Ginevra nel 1998. Ero Arsace e la storia non si svolgeva a Babilonia, ma nell’antico Giappone. La messa in scena era estremamente spettacolare, ma anche molto fedele al messaggio originale. Lo spostamento all’epoca dei samurai non aveva intaccato il significato del lavoro e questa è la peculiarità che dovrebbero seguire tutti i registi che vogliono regie eccessivamente moderne, che si ostinano ad inserire nei loro spettacoli frammenti di film cui loro sono legati, ma che non hanno nulla a che fare con quell’opera. Penso alle volte in cui, proprio in Semiramide mi ritrovo a cantare ‘Il serto augusto io ti cingo di Nino’ ed in mano non avevo il serto ma tutt’altro. Secondo me il pubblico ha bisogno di vedere quello di cui si canta, ha bisogno di coerenza, anche nella spettacolarità. Un piccolo aneddoto al riguardo. Qualche anno fa ho interpretato ‘La Gioconda’, nella parte di Laura Adorno, a Berlino, in una mise en scene dell’epoca di Ponchielli. Le scene erano realizzate in carta dipinta, sostenute da listelli di legno e spostate a mano. Il teatro era strapieno. Il pubblico era entusiasta. Ho parlato con alcuni degli spettatori e mi hanno detto che ogni volta che c’era quell’allestimento andavano a vederlo perché sapevano di assistere ad uno spettacolo come andava fatto. La cosa per me più sorprendente e che mi ha dato gioia è che all’apertura del sipario il pubblico ha applaudito alla scena. Le platee tedesche sono avvezze a regie decisamente ultramoderne e questo apprezzamento di un allestimento tradizionale, storico, è oltremodo importante. Il pubblico ha bisogno di sognare, non di vedere sul palcoscenico la realtà dei telegiornali.
Adelaide di Borgogna ROF 2011. Daniela Barcellona (Ottone). Ph. Studio Amati Bacciardi
L’Idea Magazine: A quale dei suoi spettacoli è più legata? Ce n’è qualcuno a cui, col senno di poi, avrebbe preferito non partecipare? Daniela Barcellona: Tralascio ‘Tancredi’ di Pesaro perché credo che si sia capito che è il mio spettacolo preferito (la frase è accompagnata da una risata divertita e coinvolgente, che bene descrive la disponibilità e l’ironia dell’artista triestina). Francamente non mi sono pentita di nessuna delle produzioni cui ho partecipato, nel bene e nel male, neanche di quelle pesantemente contestate. Ho un grande ricordo del ‘Sigismondo’ di Pesaro che ha vinto numerosi riconoscimenti della critica. Si trattò di uno spettacolo complesso: Sigismondo è un re, pazzo, rinchiuso in un ospedale psichiatrico. All’epoca Michieletto l’ha ambientato in un manicomio dell’Ottocento. Questo è uno di quei casi di cui parlavo prima: c’è uno spostamento temporale, ma nel pieno rispetto della narrazione, sia musicale che drammaturgica e lo spettacolo ha avuto la sua efficacia. Interpretare questo re, con tutti i disturbi mentali innescati dalla situazione in cui si è trovato è stato appassionante, veramente avvincente. Ci sono tanti spettacoli che mi vengono in mente. Per esempio, le aperture della Scala con il Maestro Muti: la prima volta, con ‘Iphigenie en Aulide’, con la regia di Yannis Kokkos e la seconda con ‘Europa Riconosciuta’ con l’accoppiata Ronconi-Pizzi. Ho un grande ricordo di un altro spettacolo cantato qualche anno fa alla Scala: ‘Les Troyens’ di Berlioz con la regia di David Mcvicar. Uno spettacolo complesso, che durava cinque ore, ma meraviglioso, coinvolgente, che mi ha dato veramente tanto. Interpretavo Didon, un ruolo potente dal punto di vista musicale e scenico, che mi ha entusiasmato interpretare. In realtà, come dicevo, ci sono moltissime produzioni che mi hanno dato tanto tanto, tanto, mi sono costate tantissima fatica, mi hanno insegnato molto e non dimentico nessuno degli spettacoli cui ho partecipato, perché ognuno di loro è stato una importante esperienza formativa.
Daniela Barcellona Ph. Amati Bacciardi
L’Idea Magazine: Lei nella vita quotidiana è una signora di innegabile bellezza e di grande fascino, ma in scena la vediamo spesso trasformata in un uomo e la sua capacità di essere credibile come nerboruto soldato, lascia increduli. Come fa a calarsi con tanta bravura nei panni di un uomo? Daniela Barcellona: La signora Barcellona risponde sghignazzando: In effetti trasformarsi in un nerboruto soldato è stato difficoltoso, soprattutto all’inizio, perché non avendo io una muscolatura maschile, ho dovuto imparare a camminare, duellare ed a comportarmi, anche dal punto di vista musicale, da uomo. L’artefice di questo modo di interpretare l’uomo in scena è stata Leda Lojodice. All’epoca era l’assistente di Hugo de Ana e per insegnarmi a muovermi da uomo mi aveva messo i pesi alle caviglie e mi ha spiegato: ‘tu come uomo devi sentire il peso del terreno, non puoi svolazzare in scena. Devi avere i piedi per terra, essere un guerriero, sempre pronto al combattimento, privo di cedimenti ed instabilità.’ È stato complesso scenicamente, ma anche musicalmente perché non potevo permettermi di cantare un ruolo maschile in modo femminile. Ci sono dettagli da rispettare e quindi è stato avvincente, interessante, coinvolgente. Adesso mi viene quasi automatico, ma all’inizio è stato molto difficile. Soprattutto perché invidiavo le mie colleghe che avevano vestiti da donna e le ciglia finte. Ma i ruoli en travesti mi hanno dato tanto: è stata una esperienza formativa molto articolata. Con mio marito Alessandro siamo dovuti andare ad imparare a tirare di scherma, perché in scena ci sono spesso duelli, con spade pesantissime, pensate per un vero uomo. Ho dovuto farmi anche un po’ di muscoli per tirar su queste armi, che non hanno la lama, ma sono autentiche. Per capire quanto tutto questo sia faticoso, alla fine di alcune produzioni avevo perso più di sei chili per lo sforzo. Essere un uomo in scena, per una donna è molto faticoso.
La Donna del Lago MET 2015. Daniela Barcellona (Malcolm) e Joyce DiDonato (Elena) ph. Ken Howard/MET
L’Idea Magazine: Nella sua carriera ha cantato accanto a grandi interpreti, dalla Anderson alla Devia, dalla Dalla Benetta alla Netrebko. Ci sono dei colleghi con cui si è trovata particolarmente in sintonia? Daniela Barcellona: Tutte le colleghe qui citate sono per me delle amiche, dalla Anderson alla Devia, dalla Dalla Benetta alla Netrebko. Ma aggiungerei, fra le altre, anche Patrizia Ciofi e Darina Dakova, che è stata la mia prima Amenaide nel pluriricordato ‘Tancredi’ di Pesaro e con la quale abbiamo fatto tanti debutti, in particolare nel repertorio rossiniano, con il Maestro Gelmetti. Con la Dakova, come anche con Patrizia Ciofi, c’era grandissima sintonia. Un’altra collega con cui c’è un’ottima sintonia è Joyce Di Donato. Ma legati ad ognuna di loro ci sono dei bei ricordi. Con la Anderson ho fatto ‘Norma’; era molto carina e gentile con me e spesso Alessandro ed io la invitavamo a cena a casa nostra, perché vivevamo a Parma. Con Mariella Devia ho cantato per la prima volta in occasione di ‘La Donna del Lago’ a Pesaro. Poter cantare con lei per me era un sogno, ed ero timorosissima di un personaggio come lei, di una grandissima cantante, di un’interprete così importante. Invece si è rivelata una persona disponibilissima, siamo diventate amiche ed ancora adesso ci sentiamo. Con Silvia Dalla Benetta ci sentiamo spessissimo. Con la Netrebko è un po’ che non canto, ma io seguo lei, lei segue me e siamo molto legate. Con ognuna di loro c’è un feeling diverso, una storia differente e questo fa sì che anche il mio modo di interpretare i personaggi sia differente con ciascuna di loro, in maniera da essere più in sintonia anche scenicamente. Ognuna di loro è stata è stata una cara amica ed una grande collega.
L’Idea Magazine: Dopo Rossini, nella sua carriera sono comparsi i grandi ruoli donizettiani e belliniani. A quale si sente più legata? Daniela Barcellona: Sicuramente io sono molto affezionata a ‘La Favorite’, opera straordinaria che io adoro. Altra opera meravigliosa è ‘Capuleti e Montecchi’. Quello di Romeo è un ruolo molto difficile, perché canta nella stessa tessitura di Giulietta, che è soprano. Quindi si tratta di una parte molto complicata dal punto di vista vocale. Sono ruoli che ho interpretato con grande soddisfazione, ma anche con grande fatica dal punto di vista tecnico. A livello interpretativo, sia il finale di ‘La Favorite’ che quello di ‘Capuleti e Montecchi’ sono molto emozionanti, anche per me in scena. Sono ruoli che amo molto anche perché presentano una vasta gamma di sentimenti umani da trasmettere e per me è una sfida stimolante riuscire a tradurre quello che c’è scritto nello spartito e portarlo al cuore di chi ascolta.
L’Idea Magazine:Da molti anni frequenta con bravura ed oculatezza il repertorio verdiano: Messa da Requiem, Aida, Luisa Miller, Falstaff, Ballo in Maschera, Don Carlo. Tutte grandi interpretazioni, nelle quali il virtuosismo tecnico non ha mai il sopravvento sull’interpretazione, che è sempre raffinata, credibile, attenta, di grande intensità. In questo momento c’è un ruolo verdiano con il quale si sente in particolare sintonia? Daniela Barcellona: Mi è piaciuto molto studiare, interpretare, scavare il carattere dei personaggi di queste partiture verdiane, sia dal punto di vista vocale che scenico. Amo moltissimo Amneris per la forza interpretativa di cui necessita. La scena del Giudizio è lunga, complessa musicalmente, impegnativa dal punto di vista interpretativo, ma mi ha sempre affasciato. Adoro Eboli, un ruolo complesso anche dal punto di vista psicologico. Questi personaggi sono molto diversi fra loro. Pensiamo a Mrs. Quickly: ruolo divertentissimo, che mi è piaciuto interpretare nelle varie visioni registiche, non ultima quella alla Scala, sotto la guida di Carsen, ambientata negli Anni Cinquanta, in una grande cucina dominata dalla confusione. In Verdi come in Rossini la gamma delle sensazioni è vastissima: si va dal comico di Quickly al drammatico di Amneris. Spero di portare presto in scena Azucena: doveva succedere a Parigi nel 2021. Stavamo facendo le prove, si avvicinava il debutto, ma il teatro è stato chiuso per il Covid e la produzione sospesa. Ognuno di questi personaggi mi ha dato un’interiorità diversa, una sfida differente; li amo in egual modo, mi sento in sintonia con ciascuno. Il fatto è che ogni volta che mi accingo a studiare un ruolo, entro completamente nella parte, in sintonia con il ruolo e questo mi permette di sentire a fondo il carattere del personaggio.
Luisa Miller. Daniela Barcellona e Roberta Mantegnain Luisa Miller. Opera Roma Stagione 2021-22 ph. Fabrizio Sansoni-TOR_7952
L’Idea Magazine: Quale ruolo verdiano le piacerebbe ipoteticamente portare in scena? Libertà assoluta nella risposta: potrebbe essere soprano di agilità o basso profondo, solo per sapere i gusti della Signora Barcellona spettatrice. Daniela Barcellona: Ho inavvertitamente risposto prima: quello di Azucena. Che è nei programmi, ma confesso che sono impaziente. Devo anche dire che ho avuto una grande fortuna: tutti i ruoli che avevo nel cassetto dei sogni, alla fine mi sono stati proposti ed ho potuto debuttarli: da Dalila ad Amneris, Eboli, Ulrica, Marguerite, e Didon. Sono tantissimi, ma la verità è che adesso non vedo l’ora di diventare Azucena.
L’Idea Magazine: La sua carriera è costellata di premi. Fra gli altri uno intitolato ad un grande tenore triestino poco ricordato: Carlo Cossutta. Ha qualche ricordo legato al Maestro di Santa Croce? Daniela Barcellona: Carlo Cossutta l’ho conosciuto perché era un grandissimo amico di Alessandro, che andava a casa sua per preparare le arie, le opere. Carlo era una persona straordinaria, venuto a mancare troppo presto. Mi ricordo che l’abbiamo incontrato ad una prima al Verdi, ed un mese dopo mi hanno detto che non c’era più. Non potevo crederci. Pensavo ad una delle tante fake news. Invece era proprio così. Carlo era un grandissimo tenore, un fantastico interprete. Ho debuttato con lui il duetto di Sansone e Dalila al Circolo delle Generali. Posso dire che Carlo Cossutta è stato il mio primo Sansone: una gigantesca emozione! Cossutta mi ha sempre sostenuta, incoraggiata, ha avuto in ogni occasione una parola meravigliosa per me, per Alessandro. Per noi era un grandissimo amico, che mi manca e ci manca moltissimo.
L’Idea Magazine: Lei ha cantato in tutto il mondo. Ci sono differenze fra i pubblici dei vari paesi? Daniela Barcellona: Ci sono sicuramente differenze fra i pubblici dei vari paesi, perché ci sono formazioni culturali differenti. In alcune realtà prevale il contenuto dell’opera piuttosto che il virtuosismo. In certi paesi, più che l’acuto ad effetto, c’è bisogno di sentimenti nel contenuto. In altri invece trionfa la spettacolarità del canto. Spetta a noi interpreti capire di cosa il pubblico ha bisogno e adattarci ai suoi bisogni, capendone la psicologia, la cultura. È molto avvincente porre il messaggio che si vuole dare scegliendo una strategia differente, rimanendo fedeli allo stile, ma trovando un modo diverso di cantare, di stare in scena. Per esempio, portare in scena un personaggio di un’opera barocca nel mondo anglosassone ed americano è molto diverso dal mondo in cui lo si fa in Italia: c’è un movimento differente, più sciolto, quasi da musical, decisamente differente dall’atteggiamento controllato e rigido che caratterizza i nostri teatri.
L’Idea Magazine: Ci sono state occasioni in cui si è sentita una portabandiera dell’Italia, magari incontrando rappresentanti delle tante comunità di italiani all’estero? Daniela Barcellona: Assolutamente sì: mi sono sentita tante volte una portabandiera dell’Italia, soprattutto interpretando i grandi personaggi dell’opera italiana, che tanto sono apprezzati all’estero. Quando giro il mondo incontro spesso comunità italiane, come in Australia, dove ho conosciuto, a Sidney e Melbourne, tantissimi emigranti italiani. Mi sono sentita come un pezzo d’Italia che andava da loro e questo è stato molto apprezzato. Già, portare l’opera italiana nel mondo e vedere che l’Italia non viene apprezzata solo per la cucina e la cultura in generale, ma anche per la sua musica lirica, è una grandissima soddisfazione.
Ulrica (in Un ballo in maschera), Teatro Real 2020. Ph. Javier del Real
L’Idea Magazine: Oltre ad essere una assoluta primadonna del palcoscenico, lei è anche una stimatissima insegnante, protagonista di numerose masterclass anche a Trieste. Come si trova in questo ruolo e cosa ritiene importante trasmettere ai suoi allievi? Daniela Barcellona: Più che un’insegnante mi sento una consigliera, che porta le sue esperienze. Faccio sempre le master class con Alessandro. Lui si occupa più degli aspetti tecnici, io di quelli interpretativi. Questo è il connubio in questa nuova componente della nostra vita. Agli allievi vogliamo trasmettere la nostra esperienza, l’importanza del rispetto nei confronti dei vari stili, dei vari compositori, del messaggio del libretto e dell’opera. Cerchiamo di dare al pubblico emozioni, che non siano solo epidermiche ma vadano nell’anima. Desideriamo trasmettere la cura nell’interpretazione, nel dettaglio, nella parola, che, come dicevo prima, va scolpita. Bisogna chiedersi il perché di ogni nota, di ogni tono. Non limitarsi a solfeggiare e cantare come se lo spartito fosse l’elenco del telefono. Bisogna essere come Gassmann che nelle sue piccole perle interpretava, come fossero poesie, gli ingredienti delle ricette o le componenti delle etichette degli abiti. Noi dobbiamo dare il peso corretto ad ogni parola, associarla alla musica, per dare emozioni al pubblico. Un’altra cosa su cui insistiamo molto è la serietà nell’affrontare le produzioni. Bisogna arrivare preparati. Non si può studiare l’opera mentre la si prova. L’opera deve essere studiata, assimilata, preparata prima di andare alla prima prova di regia. Bisogna avere già un’idea del personaggio che si vorrà proporre dal punto di vista musicale e scenico. Necessario conoscere tutta l’opera, anche dal punto di vista culturale. Necessario documentarsi il più possibile per poter offrire qualcosa di valido al pubblico. Più preparati si è, più facile è il lavoro con il regista ed il direttore d’orchestra. Assolutamente necessario, ovviamente, conoscere almeno il proprio ruolo perfettamente a memoria.
L’Idea Magazine: Qual è il suo rapporto con le recensioni: le legge o, come faceva la Simionato, le evita? Daniela Barcellona: Il rapporto con le recensioni è ottimo. Alessandro fa da filtro, sempre. A lui chiedo di non dirmi niente delle recensioni che dicono cose brutte. Ma devo dire che ci sono delle recensioni ‘negative’ nelle quali viene fatta una critica mirata su un aspetto tecnico, su una peculiarità eseguita in modo imperfetto, scritte da persone competenti, che sanno quello che stano scrivendo, leggendo le qual non posso che dire: ‘hanno ragione. Devo migliorare questo aspetto. Quelle che non amo sono le recensioni di carattere polemico, cattivo. Non mi piace quando nello scritto viene messa la negatività gratuitamente, quasi solo per scrivere qualcosa. Non so per quale ragione, ma noi cantanti abbiamo delle persone che ci odiano, che scaricano il loro astio in scritti gratuitamente negativi, spesso esagerati, incredibili. Tutto questo, francamente, non mi fa male, ma non riesco a capire perché accada. Se un interprete non ti è piaciuto, è un tuo diritto dirlo, ma non infierire esageratamente. Ho visto colleghi offrire interpretazioni magnifiche ed ho letto recensioni che li stroncavano immotivatamente, non riesco a spiegarmi il perché. Credo che l’obiettività sia una grande cosa, un senso di civiltà. Ho letto critiche negative scritte in modo elegante e questo non può che essere apprezzato
L’Idea Magazine: Cosa le piacerebbe vedere scritto di lei e cosa le dà più fastidio veder pubblicato? Daniela Barcellona: Questa è una domanda complessa. Quando non ci sarò più mi piacerebbe fosse scritto che ho lasciato un piccolo seme per le generazioni future, che di tutto quello che ho fatto in vita mia qualcosa è rimasto e che da quel qualcosa qualcuno abbia potuto trarre giovamento. Non ci sono cose che mi dà fastidio vengano pubblicate. Vale il discorso fatto prima sulle cattiverie. In realtà a me è successo pochissime volte di leggere cose pesanti. Ma io mi auguro di non aver mai fatto del male a nessuno e quindi sapere che qualcuno mi odia per il semplice fatto che salgo su un palcoscenico e cerco di dare un po’ di positività a chi ascolta, non mi sembra accettabile. Naturalmente lo stesso discorso vale per tutti i colleghi che patiscono questa situazione: noi cerchiamo di esprimere la nostra arte per il pubblico e non vedo perché qualcuno ci debba prendere di mira per questo.
L’Idea Magazine: Quali sono i prossimi impegni? Daniela Barcellona: Adesso c’è ‘Orfeo ed Euridice’ a Trieste. Poi devo rimettere in voce ed in gola Giovanna Seymour dell’’Anna Bolena’, che interpreterò al Colon di Buenos Aires. Sarà il mio debutto in quel magnifico teatro dove il nostro amato Carlo Cassutta ha cantato tantissimo. Poi c’è il debutto in ‘Edoardo e Cristina’, come Edoardo a Pesaro. Questo centone, del quale è appena uscita l’edizione critica, non è mai stato eseguito a Pesaro: una prima di cui sono molto molto felice e molto emozionata. Poi sarò a Parigi con la ‘Cendrillon’ e pian piano, fra spettacoli e prove, si arriva a fine anno.
L’Idea Magazine: Infine, ringraziando per la disponibilità e la cortesia, quali i suoi sogni? Daniela Barcellona: Sono io che ringrazio lei per la sua intervista e per l’affetto nei miei confronti. I miei sogni riguardano in generale il mondo in cui stiamo vivendo oggi. Il mondo che mi piacerebbe potesse esserci in futuro. In questo tempo di immagine mi piacerebbe potesse essere ripreso in mano anche il contenuto. Non solo l’esteriorità delle cose, ma anche quello che c’è all’interno. Questo anche nell’interpretazione, nell’arte, nel canto lirico, nell’opera, nella musica. Non solo virtuosismo, ma anche contenuto C’è bisogno di emozionarsi. Noi interpreti, di qualunque forma artistica, dobbiamo dare l’anima a chi accoglie la nostra arte. Al mondo auguro di ritornare al contenuto e non all’esteriorità. Noi artisti non dobbiamo essere solo esecutori ma tornare ad essere interpreti di quello che facciamo.
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Semiramide. Bayerische Staatsoper 2017. JoyceDiDonato (Semiramide) ,Daniela Barcellona (Arsace). Ph. credits W. HoeslTancredi Teatro Regio Torino 2009. ph.Ramella&GianneseTancredi. ROF 1999. Ph. Studio AmatiBacciardiLes Troyens di Hector Berlioz Direttore: Antonio Pappano Regia: David McVicar Scene: Es Devlin Costumi: Moritz Junge Luci: Wolfgang Göbbel Coreografia: Lynne PageLes Troyens di Hector Berlioz Direttore: Antonio Pappano Regia: David McVicar Scene: Es Devlin Costumi: Moritz Junge Luci: Wolfgang Göbbel Coreografia: Lynne PageLa principessa Eboli (in Don Carlo), Teatro Regio Torino 2013. Ph. Ramella&GianneseMadame de la Haltière (Cendrillon) Opera national de Paris 2022. ph.Monika-RittershausMrs. Quickly (in Falstaff), Teatro Real Madrid 2019. Ph. Javier del RealDalila (in Samson et Dalila), Teatro Regio Torino 2016. Ph. Ramella&Giannese
Concorso Lirico Internazionale “Giuseppe Di Stefano”: le date e le modalità di partecipazione
Si svolgerà dal 26 al 30 aprile, presso il Teatro M° Tonino Pardo di Trapani, e culminerà in un Concerto di Gala il 30 aprile, alle ore 21.00, la XVIII Edizione del Concorso Lirico Internazionale “Giuseppe Di Stefano”.L’Ente Luglio Musicale Trapanese dà continuità alla prestigiosa competizione canora per giovani talenti della lirica di ogni nazionalità, un omaggio al grande tenore siciliano a cui è dedicato il concorso e la cui prima edizione risale al 1994. Si tratta di uno degli eventi più identitari dell’Ente Luglio Musicale Trapanese, tanto più che quest’anno il direttore artistico Walter Roccaro ha voluto tornare alla formula originaria del concorso, così come fu concepito da Francesco Braschi, mettendo in palio i ruoli principali di una delle opere previste nel cartellone della Stagione estiva 2023 dell’Ente e precisamente Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini che verrà diretta dal M° Daniele Agiman, nella versione Bologna 1816.Il Concorso ha nel tempo lanciato le carriere internazionali di cantanti divenuti celebri, come il soprano greco Dimitra Theodossiou (tra i vincitori della seconda edizione del 1995), il tenore Antonino Siragusa (edizione 1996) e il baritono Nicola Alaimo (edizione 1997).Le domande di partecipazione potranno essere inviate entro il 18 aprile p.v., all’indirizzo application@concorsogiuseppedistefano.it seguendo le indicazioni contenute nel bando, disponibile sul sito www.concorsogiuseppedistefano.it.
La XVIII edizione si articolerà in tre fasi: la fase eliminatoria nei giorni 26 e 27 aprile, la semifinale il 28 e la finale il 29, mentre il concerto dei vincitori si terrà il 30. La giuria di questa edizione sarà presieduta da Ernesto Palacio, sovrintendente del ROF – Rossini Opera Festival e sarà composta da Dietmar Kerschbaum, tenore e direttore generale della Brucknerhaus e del Festival internazionale di Linz; Jochen Schönleber direttore artistico del Festival Rossini in Wildbad di Bad Wildbad; Giuseppe Cuccia, Opera Production consultant – China National Centre for the Performing Arts (NCPA) Beijing; Simone Di Crescenzo pianista, musicologo esperto di Belcanto, organizzatore e coordinatore artistico del Festival Toscanini e del Concorso Internazionale per giovani direttori d’orchestra Arturo Toscanini; Marco Iezzi, responsabile dell’Agenzia artistica BJM Management; Micaela Carosi, Ugo Guagliardo, Patrizia Pace, Elizabeth Smith cantanti lirici di fama internazionale e docenti; Walter Roccaro, pianista, docente, già direttore di Conservatorio e attuale direttore artistico dell’Ente Luglio Musicale Trapanese. Il Concorso, oltre a mettere in palio i ruoli per Il barbiere di Siviglia (per un valore di 8.000 euro), assegnerà anche due scritture di 1.000 euro ciascuna per il Gala Maria Callas – che si terrà sempre nell’ambito della Stagione estiva 2023 dell’Ente – e prevede l’assegnazione di premi speciali: il Premio Menzione speciale Francesco Braschi/Kiwanis Club Trapani di 1.000 euro, il Premio Amici della Musica di Alcamo, consistente in un concerto retribuito offerto ai due migliori concorrenti siciliani scelti tra i finalisti; il Premio Rossini in Wildbad, borsa di studio per un tenore per frequentare le masterclass di Raúl Giménez e Filippo Morace presso il Rossini in Wildbad Belcanto Opera Festival 2023; il Premio BJM Management che prevede ingaggi e possibilità di entrare nel roster artistico dell’agenzia. La XVIII edizione del Concorso Lirico Internazionale “Giuseppe Di Stefano” è organizzata dal Luglio Musicale Trapanese con il sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Siciliana e del Comune di Trapani. Partner del progetto Airgest Spa. Media partner Rai Cultura.
Domenica 26 marzo 2023, Ji-Hyang Gwak ha offerto un’esibizione indimenticabile al Teatro di Marcello, nell’ambito dei Concerti del Tempietto e del Festival Musicale delle Nazioni. La sua performance ha dimostrato la grazia e la potenza che la contraddistinguono come artista, mentre si cimentava in un programma che spaziava da Haydn a Mussorgsky.
Gwak ha iniziato il concerto con la Sonata per pianoforte in Mi minore di Haydn, Hob. XVI: 34, eseguendo l’opera con un tocco brillante e una freschezza deliziosa che ha immediatamente catturato l’attenzione del pubblico.
Successivamente, la pianista si è dedicata al primo libro delle “Images” di Debussy, dimostrando una tecnica ineccepibile e ricordando le abilità pittoriche degli scultori e dei poeti. La sua interpretazione delle diverse atmosfere presenti nelle “Images” ha creato un’esperienza d’ascolto avvolgente e affascinante.
La Fantasia in Fa minore di Chopin è stata eseguita con grande arte, permettendo all’intensità della composizione di fluire e aprirsi in modo naturale, preparando il terreno per l’ultimo brano del programma: “Quadri di un’esposizione” di Modest Mussorgsky.
Durante l’esibizione di Gwak dei “Quadri di un’esposizione”, una spettatrice incantata è stata colta dalla sorpresa nel constatare che i quadri erano creati al momento grazie alla comunione tra l’interprete e l’autore. La profondità emotiva e la maestria tecnica con cui Gwak ha affrontato quest’opera, hanno reso il brano il culmine di un’esperienza concertistica davvero straordinaria.
In conclusione, il concerto di Ji-Hyang Gwak al Teatro di Marcello è stato un evento imperdibile per gli appassionati di musica classica. L’eclettico programma, unito alla sensibilità artistica e alla precisione tecnica di Gwak, ha reso questa serata una celebrazione della bellezza e della potenza della musica per pianoforte.
…e rideremo delle farfalle dorate… tra Ecuba, Requiem, Così fan Tutte, ma anche beneficenza e nuovi talenti.
Il festival Vicenza in Lirica, giunto alla sua undicesima edizione, svela i primi titoli in programma al Teatro Olimpico di Vicenza da giugno a settembre 2023. Il festival è organizzato dall’associazione Concetto Armonico con la direzione artistica di Andrea Castello, gode del sostegno del Ministero della Cultura, del sostegno e collaborazione del Comune di Vicenza, del patrocinio della Regione del Veneto e del sostegno di numerosi sponsor privati, linfa vitale per il principale festival di musica lirica, che si ripete dal 2013 nella città palladiana.
Saranno cinque i titoli al Teatro Olimpico di Vicenza, tra concerti ed opere, con protagonisti giovani cantanti lirici già avviati alla carriera, grandi nomi della lirica, orchestre ed ensemble di caratura internazionale. Non mancherà l’aspetto benefico, oltre che un’intesa attività di formazione attraverso le masterclass di canto lirico, l’Opera-Studio e il progetto “Artigiani all’Opera!” in collaborazione con Confartigianato Imprese Vicenza.
Il festival avrà inizio il 7 giugno alle ore 20.30 con il concerto “Finale” del Concorso lirico Tullio Serafin, che prevede un programma musicale dedicato all’opera Così fan tutte di Mozart. I teatri coinvolti per la serata di gala dedicata ai giovani cantanti lirici saranno: il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro Carlo Felice di Genova, il The Israeli Opera di Tel Aviv ed il Teatro Tullio Serafin di Cavarzere. Una giuria di alta qualità, presieduta dal Maestro Alessandro Galoppini, casting manager del Teatro alla Scala.
Il 10 giugno alle ore 21 sarà la volta del tradizionale concerto benefico a favore di Assi Gulliver – Associazione Sindrome di Sotos Italia che si occupa di ricerca per una malattia genetica rara che colpisce un bambino su 14.000. Protagonisti del concerto saranno alcuni grandi nomi del panorama lirico internazionale. L’intero incasso verrà devoluto in beneficenza.
L’11 giugno alle ore 21 in occasione del progetto “Malipiero, Callas, Serafin maestri del ‘900” lanciato da Concetto Armonico, sarà protagonista l’opera Ecuba, con la straordinaria musica di Gian Francesco Malipiero, compositore Veneto di cui si celebra il cinquantesimo anno dalla morte. L’opera, tratta dalla tragedia di Euripide e che ben si addice al Teatro Olimpico, venneeseguita per la prima volta nel 1941 al Teatro Reale dell’Opera di Roma (ora Teatro dell’Opera) e diretto da Tullio Serafin. A dirigere l’Orchestra di Padova e del Veneto sarà la bacchetta indiscussa del maestro Marco Angius, con un cast di straordinari solisti, tra cui Laura Polverelli ed Alberto Mastromarino, ed il coro Iris Ensemble di Padova.
Il festival passerà alla tradizionale programmazione il 4 settembre alle ore 21 con il Requiem di Mozart eseguito da un cast stellare: Barbara Frittoli (soprano), Sara Mingardo (contralto), (tenore in via di definizione) e Riccardo Zanellato (basso), coro “Iris Ensemble” preparato da Marina Malavasi, Orchestra Camerata Musicale Città di Arco diretta da Marco Comin. Il 9 e 10 di settembre alle ore 20.30 (prova generale aperta al pubblico il 7 settembre) la tanto attesa produzione dell’opera Così fan tutte di W. A. Mozart con protagonisti i vincitori del Concorso lirico Tullio Serafin 2023, regia di Cesare Scarton e con l’Orchestra dei Colli Morenici diretta da Edmondo Mosè Savio.
Al cartellone previsto nel teatro coperto più antico al mondo si aggiungeranno altri concerti in Giardino del Teatro Olimpico, alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari, Palazzo Thiene, Palazzo Chiericati, Oratorio di San Nicola, Chiesa di Santa Corona ed altri luoghi deputati della città di Vicenza.
I biglietti per le serate al Teatro Olimpico saranno in vendita su www.vivaticket.com oppure scrivendo all’indirizzo email della biglietteria del Festival biglietteria@vicenzainlirica.it. Il costo dei biglietti con le relative scontistiche sarà consultabile nel sito www.vicenzainlirica.it – cell. 3496209712.
L’intero cartellone del festival verrà svelato durante la conferenza stampa del 28 aprile ore 12 presso l’Odeo del Teatro Olimpico.
THE BRONX OPERA presents Francis Poulenc’s Dialogues of the Carmelites performed in English Saturday May 6 at 7:30 pm; Sunday May 7 at 2:30 pm Saturday May 13 at 7:30 pm; Sunday May 14 at 2:30 pm Lehman College/Lovinger Theatre, 250 Bedford Pk. Blvd. West Tickets: $40; $30 Reservations: www.bronxopera.org 718.365.4209 […]
VALENTINA KOZLOVA INTERNATIONAL BALLET COMPETITION April 18-21 at the Kaye Playhouse Tuesday April 18, Round 1 Classical Ballet begins at 1:30 PM Opens with a short performance by dancers from Nina Ananiashvili’s STATE BALLET OF GEORGIA Wednesday April 19, Round 11 Contemporary/Neo Classical Dance begins at 2 PM Thursday April 20, […]
POLLY FERMAN, LEADING INTERPRETER AND CHAMPION OF MUSIC OF THE AMERICAS IN CONCERT MARCH 23 in NEW YORK CITY ‘The well-known pianist Polly Ferman played, in a captivating concert, works of Latin American composers.” […]
By Michael Recchiuti It is a time of reckoning. Issues concerning the abuse of power in matters of politics, race, and sex have been brought to a superheated boil in this pressure cooker that is life in the time of Covid. A hard look must be taken at so many of our institutions, and how […]
CHRISTINE JOWERS, Founder of The Dance Enthusiast, receives * a Bessie from the NY Dance and Performance Awards, and a * a 2022 Distinguished Achievement in Dance Award from the American Dance Guild Christine Jowers, Founder/ Senior Contributor of the innovative dance website, The Dance Enthusiast, received honors from two prestigious US dance institutions during the month of December– The American Dance Guild and The […]
Impulses Dance Theatre Arts, Inc. Announces New Film “Dancing Without Steps: The Art of Improvisation with Margaret Beals” Margaret Beals’ Impulses Dance Theatre Arts, Inc. announces the release of “Dancing Without Steps: The Art of Improvisation with Margaret Beals” introduced by National Medal of Art recipient Meredith Monk. This short documentary represents a life’s journey […]
The night that you stopped acting/ La noche que dejaste de actuar by Anabella Lenzu Thursday/Friday/Saturday, October 13, 14, 15 at 7:30 PM The Center at West Park (in the Sanctuary Space), 165 West 86th Street (running time: 50 minutes)The Center at West Park presents the world premiere of Anabella Lenzu’s The night that you stopped acting/La noche […]
Interview by Tiziano Thomas Dossena Originally from Argentina, Anabella Lenzu is a dancer, choreographer, writer, and teacher with over 30 years of experience. Lenzu directs her own company, Anabella Lenzu/DanceDrama (ALDD), which since 2006 has presented 400 performances, created 15 choreographic works, and performed at 100 venues, presenting thought-provoking and historically conscious dance-theater in NYC. […]